lunedì 5 maggio 2008

La fame è qui. E adesso?



In Giappone non si trova più il burro nei supermercati[1] e in America è partito il razionamento[2] come ai tempi della guerra, mentre i giornali invitano già a fare le scorte[3] .

"A causa della ridotta disponibilità, siamo costretti a limitare la vendita di riso" è il cartello, che da qualche giorno, gli esigenti consumatori americani, trovano sugli scaffali dei supermercati.Come il più pauroso dei film di fantascienza americani.

Ci conviene riflettere seriamente su quello che potrebbe succedere qui da noi, perchè questa grave crisi alimentare sta dimostrando che nemmeno i paesi più industralizzati possono sentirsi al sicuro, figuriamoci quelli più poveri.

I giornali nostrani evitano di parlarne ampiamente: da un paio di settimane in Messico infuria una rivolta[4] che ha di fatto paralizzato la vita politica della nazione, il parlamento è stato occupato e vari cortei di protesta presiedono permanentemente le piazze delle città più importanti.Il motivo ufficiale di talu subbugli è la volonta del governo di vendere l'azienda energetica di Stato, la Pemex, ma in realtà si tratta della classica goccia che fa traboccare il vaso: i cittadini messicani sono esasperati dall'aumento vertiginoso del prezzo del mais[5], passato dai "7 pesos al chilo ai 18 attuali", che ha ridotto la popolazione alla fame.
Il mais viene utilizzato per fare le "tortillas", il pane messicano.

Per sopperire alla mancanza di cereali, i governi di tutto il mondo stanno ben pensando di tassarne le esportazioni e così che la Russia ha messo un balzello di 70 euro per tonnellata, la Cina uno del 25%, altre forti limitazioni vengono imposte da India, Egitto, Thailandia, mentre il Brasile blocca totalmente le esportazioni[6].

Quale lo scenario probabile in Italia?
Il nostro paese è notoriamente agricolo, ma in realtà le sue potenzialità sono tenute al minimo, in maniera artificiosa.
Se in passato il Sud era un importante produttore di grano, oggi il 50% del grano consumato proviene da Canada e Stati Uniti.
Un'eventuale collasso delle esportazioni nordamericane o una drastica riduzione, avrebbe come conseguenza il raddoppio del prezzo di pasta e pane e la loro scarsità sugli scaffali, come d'altronde sta avvenendo con il riso negli USA.
L'indisponibilità delle granaglie sui mercati, avrebbe come conseguenza, gravi ripercussioni sul settore degli allevamenti; anche in questo caso l'Italia sarebbe fortemente colpita, in quanto la maggiorparte dei bovini da macello viene importata da Gran Bretagna, Olanda e Francia, pur avendo il nostro paese delle grandi risorse, anche in questo settore.
Ci vorranno due-tre anni e forse anche di più, passati però nella ristrettezza dei razionamenti, prima che la produzione nazionale di grano e carne arrivino ad un regime tale da soddisfare la domanda interna. Insomma si prospetta un futuro di autarchia.

In Europa, la colpa di tutto ciò, è come sempre dell'assurda liberalizzazione economica dell'UE, che impone ai paesi membri di rifornirsi sui mercati esteri (una volta più economici) per ciò che riguarda i prodotti dell'agricoltura, ma opprimendo così le nostre aziende.

"Un intervento urgente non solo per fronteggiare l'attuale emergenza alimentare mondiale, ma per cogliere le opportunita' che l'aumento dei prezzi puo' offrire per il rilancio l'agricoltura ed evitare che situazioni drammatiche di questo tipo si riverifichino in futuro" E' l'appello[7] lanciato dal direttore generale della Fao, Jacques Diouf, alla comunita' internazionale, che prospetta una strategia su due fronti: da un lato l'adozione di politiche e programmi per assistere i milioni di affamati, e dall'altro la promozione di misure per aiutare gli agricoltori dei Paesi in via di sviluppo a trarre vantaggio da questa nuova situazione.

Quello che ha dichiarato il capo della FAO è proprio ciò che noi auspichiamo, ovvero trasformare questa crisi in un'opportunità per le regioni del Sud Italia, ad esempio Sicilia e Puglia, in passato grandi produttrici di granaglie.

La soluzione che oggi proponiamo è la stessa contenuta nel nostro editoriale "Presto un boom dell'agricoltura in Sicilia?" del 8/11/2007 che scrivemmo quando ancora i giornali non si sognavano minimamente una crisi di tale portata, mentre noi già ponevamo le soluzioni.

L'unico modo che abbiamo per superare questa crisi, è investire nel settore e ci sono vari modi per farlo, come la fondazione di aziende agricole, la messa in coltura degli appezzamenti abbandonati, l'aumento della produzione granicola e cerealicola.Senza dimenticare la formazione scolastica relativa al settore agrario, spesso snobbato perchè poco remunerativo.Presto saranno necessari in Sicilia, così come in tutto il Sud continentale, parecchi periti agrari, richiesti dal comparto agricolo in espansione che sarà trainato da un notevole aumento dei prezzi.Insomma con l'agricoltura si tornerà a guadagnare.

E necessario porre tra i gli obiettivi del Paese la formazione di una nuova classe dirigente, capace di affrontare con intelligenza ed onestà i problemi attuali e futuri e portando le proprie competenze laddove si presentino delle opportunità di sviluppo per la nostra terra.

Conscia di questi nuovi sviluppi, gia da un pò di tempo, il nostro segretario provinciale Dr.ssa Daniela Catalano, che è anche il rappresentante degli allevatori della provincia di Enna, ha inaugurato un laboratorio di analisi agroalimentari in Val Dittaino.

Un'investimento mirato per il boom dell'agricoltura che stiamo attendendo.


[1] Il Giornale, 26 aprile 2008

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