venerdì 28 maggio 2010

Sul Regno delle due Sicilie e sulla resa della Cittadella


Articolo uscito sul settimanale Centonove

Vi scrivo per segnalarti l'articolo che ho letto sul vostro settimanale, anzi gli articoli alle pagina 40-41 a firma di Marino Rinaldi sulla commemorazione di Garibaldi.
Il signor Rinaldi nella stessa pagina scrive due articoli contraddittori e diversi riguardo l'ingresso di Garibaldi a Messina.
Testualmente cita così:"Dopo la sconfitta di Milazzo il generale borbonico Clary fece ritirare le sue truppe dalla Sicilia.
Il 25 luglio 1860 venne firmata la resa dei borboni ed il giorno successivo Garibaldi ottenne la resa della Cittadella".


Nel secondo articolo invece riporta che tutti i presidi borbonici "caddero il 12 marzo 1861".
In verità il primo ordine dato dal De Clary circa il ritiro borbonico nella cittadella è datato 24 luglio 1860. lo stesso pomeriggio le truppe garibaldine avrebbero attaccato quelle borboniche presso la torre Rizzo e Puntale Pistorio.
La notte del 24 quasi tutto l'esercito duosiciliano era riunito presso il piano di Terranova e la Real Cittadella e dislocato negli ultimi avamposti della zona falcata.
il 26 luglio con il patto De Clary-Medici fu sancito il definitivo abbandono borbonico dei restanti presidi di Gonzaga, Castellaccio e torre del Faro con imbarco per la Calabria o il trasferimento presso la zona falcata nei presidi di Don Blasco, Cittadella, batteria della lanterna e SS. Salvatore.

Il Garibaldi entrerà a Messina sollo il 27 luglio, ad accordi conclusi.
Messina fu l'ultima roccaforte duosiciliana di Sicilia e la penultima del regno, arrendendosi soltanto il 12 marzo 1861, con applicazione dell'ordine di resa la mattina del 13.
La resistenza duosiciliana di Messina ai piemontesi durò dunque ben 8 mesi, mentre l'ultima roccaforte del Regno delle Due Sicilie fu Civitella che si arrese il 20 marzo 1861, tre giorni dopo la proclamazione ufficiale del regno d'Italia.

Amando Donato
Responsabile Comitato Storico Siciliano - Messina

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giovedì 20 maggio 2010

Pubblicazione delle prime firme per via Maria Teresa a Riposto


Cari amici, allego le prime mail ricevute e vi invito a continuare a scrivere al Sindaco di Riposto, Dott. Carmelo Spitaleri, all'indirizzo:

sindaco@comune.riposto.ct.it

ed, importante, in copia conoscenza a:

comitato@comitatosiciliano.org

Chiedete al sindaco di rimuovere il nome di Cialdini da quella via di Riposto e ripristinare l'antica intitolazione alla regina Maria Teresa, regina delle Due Sicilie.

Seguono le firme.

Egr. sig. Sindaco, sarebbe per Ella motivo di orgoglio, ripristinare la
intitolazione della Piazza della Sua Città a Maria Teresa,
Regina delle Due Sicilie, cancellando quella dedicata ad uno di più feroci
criminali della Storia moderna.
Questo è l'accorato appello di un uomo dl Sud.
Con osservanza

Vito Nigro
Villa Castelli (Brindisi)
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Si prega di ripristinare il nome della via di Riposto una volta dedicata a Maria Teresa, regina delle Due Sicilie e moglie di Ferdinando II, modificata tanti anni orsono con "Via Enrico Cialdini".
Non abbiamo nessun interesse a mantenere questo nome che ci ricorda solo massacri e lutti.
Grazie.
Cordialmente.
Domenico Blasi

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Scrivo in risposta alla lettera del Sig. Pistorio di Riposto, apparsa su LA
SICILIA il 15 marzo 2010, perchè desidero condividere la sua proposta di
modificare il nome della via intitolata al generale Cialdini ed invitando
tutti nel contempo ad una serena riflessione sui presunti " meriti ? si
possono chiamare tali i suoi interventi così crudeli, eccessivi, esagerati?"
del militare piemontese e se questi siano sufficienti per rappresentare una
via a Riposto.
Le sarei veramente grato Sig. Sindaco se anche Ella si facesse carico di
rivedere le gesta di questo milite e agisse di conseguenza. Distinti
Ossequi.
Comm. Lo Presti prof. Santi.

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Egr. Sig. Sindaco,
Le invio la mia firma per il ripristino della via
di Riposto al nome della regina Maria Teresa e quindi alla definitiva
cancellazione del nome di Cialdini. In fede
Gaetano (Nino) Alimenti

Comitati Due Sicilie Lombardia
Forza e Onore

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Egregio Dott. Spitaleri,

La prego di voler "cacciare" dalla Sua città quel criminale di guerra di Cialdini, un vile macellaio, chiamato da Crispi a stroncare le rivolte contadine.

Ci aiuti Signor Sindaco a farci restituire l'Onore che ci hanno tolto rendendo giustizia a Maria Teresa di Borbone.

Pino Marinelli

Segretario Regionale Comitati Due Sicilie
Sciacca (AG)

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al Sindaco di Riposto, Dott. Carmelo Spitaleri

Egr, sig, Sindaco,
con la presente intendo chiedere il suo cortese interessamento affinchè
venga ripristinato il nome di un'antica via di Riposto una volta dedicata a
Maria Teresa, regina delle Due Sicilie e moglie di Ferdinando II, che fu
modificata tanti anni orsono con "Via Enrico Cialdini".

Una riflessione seria ed imparziale sulle figure storiche che hanno
caratterizzato il nostro passato, oltre a restituire una dignità storica a
questa città, sarebbe l'occasione per i ripostesi di conoscere qualcosa in
più del loro passato e del periodo storico risorgimentale che, sebbene portò
alla cosiddetta Unità, fu foriera di lutti, di veri e propri sterminii, di
sangue e di altri abusi, dei quali Cialdini fu certamente uno dei principali
autori.

Le brutalità del Generale Cialdini furono talmente eccessive che persino i
suoi soldati ne rimasero inorriditi. Ecco cosa scrisse nel suo diario un
bersagliere valtellinese e commilitone di Cialdini durante i fatti di
Pontelandolfo: "Entrammo nel paese. Subito abbiamo cominciato a fucilare
preti e uomini, quanti capitava, indi i soldati saccheggiavano e infine
abbiamo dato l'incendio al paese, abitato da circa 4.500 persone... Quale
desolazione! Non si poteva stare d'intorno per il gran calore, e quale
rumore facevano quei poveri diavoli, che la sorte era di morire chi
abbrustoliti, e chi sotto le rovine delle case".

Per tanto, mi affido alla sua sensibilità umana, alla sua indubbia cultura
ed amore per la verità, alle competenze specifiche che scaturiscono dalla
sua carica istituzionale.

Ringraziandola vivamente le esprimo la mia più sentita gratitudine.
Con osservanza

Angelo Tinì

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Egregio Signor Sindaco,
La prego di voler ridare all'attuale via Enrico Cialdini il suo antico nome e cioè quello di via Maria Teresa regina delle Due Sicilie.
Grazie
Nestore Spadone
Bari

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Per il Sindaco di Riposto Dott. Carmelo Spitaleri

Le scrivo questa brevissima lettera per chiderLe di ripristinare l’antico
nome della via oggi dedicata al generale Enrico Cialdini e dedicarla
nuovamente alla regina delle Due Sicilie Maria Teresa moglie di Ferdinando II

Grazie per l’attenzione,
L. Angelo

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Gentilissimo signor Sindaco Spitaleri,

con la presente la invito di tutto cuore a cambiare il nome a una strada della vostra bellissima cittadina, la strada sarebbe la via Enrico Cialdini, la mia ( nostra proposta) sarebbe
di chiamarla via Maria Teresa, che come si sa fu una Regina delle due Sicilie cioé la consorte di Re Ferdinando II Re delle due Sicilie.
Anche se i Borboni certamente non sono stati i migliori regnanti della nostra bellissima terra, se lo meritano sicuramente di piú di Cialdini che fú un sanguinoso Generale Piemontese, che portó morte e distruzzione a Sciacca cosí come in tutta la Sicilia e il Sud.

La ringrazio anticipatamente e le porgo i miei gentili saluti
Andrea Giuffré

P.S. spero che tutti i sindaci Siciliani prendono esempio dal Sindaco sindoni di capo D'orlando, un uomo , un patriota della nostra terra

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Ho appreso con orrore e costernazione che a RIPOSTO, ameno comune della costa Catanese, quindi cittadina del Sud, c'è una via, pure importante che porta sul lungomare, intitolata " Via Generale(sic!) Enrico Cialdini".
Ma come si fa ad intitolare una strada ad un "criminale di guerra", ad un "macellaio" che senza rimorso alcuno e senza pietà, dalla sera alla mattina ha fatto massacrare paesi interi di gente del Sud ( Pontelandolfo, Casalduni,) facendo passare per le armi tutti gli abitanti (donne,anziani e bambini compresi)?. Come si può "onorare" un pavido che durante l'assedio di Gaeta si faceva forte della maggiore gittata dei suoi cannoni rigati per starsene al sicuro dal pericolo e che ,pur quando si stava concordando la capitolazione e firmare la resa, ha fatto sempre continuare a bombardare la città ( e l'ospedale) causando ancora morti inutili e innocenti? E che poi,invece,nella terza guerra d'indipendenza, si dimostrò vile e pavido al cospetto degli austriaci, senza mai attaccarli ma indietreggiando sempre?
E a quest'uomo, che tanti morti causò al Sud, a quest'uomo che si esprimeva in "francese", a quest'uomo che considerava la gente del Sud " beduini peggio degli Africani" e "Caffoni" (con due effe), il Sud, il nostro magnifico Sud, gli intitola pure una strada?.

Da Wikipedia ENRICO CIALDINI
La lotta contro il brigantaggio
( I partigiani e gli insorti del Sud li chiamarono Briganti )
..... In una seconda fase, comandò una dura repressione messa in atto attraverso un sistematico ricorso ad arresti in massa, esecuzioni sommarie, distruzione di casolari e masserie, vaste azioni contro centri abitati: cannoneggiamento di Mola di Gaeta (oggi è un rione di Formia) del 17 febbraio 1861, eccidio di Casalduni e Pontelandolfo, nell'agosto 1861. L'obiettivo strategico consisteva nel ristabilire le vie di comunicazioni e conservare il controllo dei centri abitati. Gli strumenti a sua disposizione venivano, nel frattempo, incrementati, con l'istituto del domicilio coatto e la moltiplicazione delle taglie. Le forze a sue disposizione consistevano in circa 22 000 uomini, presto passate a cinquantamila unità nel dicembre del 1861.
A cavallo degli anni 1862 e 1863 le truppe dedicate alla repressione vennero aumentate sino a centocinquemila uomini (circa i due quinti delle forze armate italiane del tempo) ...

....Nel corso della Terza guerra d'indipendenza ebbe il comando di una delle due armate italiane, quella schierata a sud del Po verso Mantova e Rovigo. Per tutta la prima parte della guerra non assunse alcuna posizione offensiva, limitandosi a dimostrazioni, sino a neppure iniziare l'assedio della fortezza austriaca di Borgoforte, a sud del Po.....

Valutazioni complessive del personaggio
...La figura di Cialdini fu tra quelle maggiormente osannate dalla propaganda Sabauda, anche per controbilanciare le figure di Mazzini, più ancora di Garibaldi, più in generale per contrapporre un Risorgimento monarchico ad un Risorgimento democratico anche sul piano delle figure militari, dei condottieri. Recentemente, nel clima di critica di tutta la storia unitaria d'Italia, alcuni autori, spesso ispirati da opposta e ancor più limitante finalità politico-ideologica più che da reale volontà di storici, hanno teso a inquadrare la figura di Cialdini come fra le più negative della vicenda risorgimentale, in particolare per il ruolo avuto nella violenta repressione del brigantaggio meridionale...

Faccio appello alla sensibilità del Sindaco e della Giunta tutta ma sopratutto alla solidarietà che unisce tutta la gente del Sud affinchè venga posto immediato rimedio a questo obbrobrio.

Nunzio Porzio (nupo) da Napoli 27/04/2010

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Magari si riuscisse in quest’altro tentativo di togliere di mezzo un’ulteriore targa toponomastica ad un altro criminale del “risorgimento”; saremmo veramente sulla buona strada. Siamo con te, Sindaco.
Antonio Claudio Amitrano – Quarto Flegreo (NA) *

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"Per liquidare i popoli si comincia con il privarli della memoria. Si distruggono i loro libri, la loro cultura, la loro storia. E qualcun altro scrive loro altri libri, li fornisce di un'altra cultura, inventa per loro un'altra storia. Dopo di che il popolo incomincia lentamente a dimenticare quello che è stato. E il mondo attorno a lui lo dimentica ancora più in fretta".
Milan Kundera

Un criminale di guerra non merita intitolata una via.

De Luca Luigi

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Gent.mo Dott. Carmelo Spitaleri, Sindaco di Riposto

chiedo di ripristinare l'antico nome di Maria Teresa, regina delle Due
Sicilie e moglie di Ferdinando II e congedare per sempre il generale
Cialdini.

grazie.

Giacinto De Santis

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Egregio Dott. Spitaleri,
Le scrivo in merito all'iniziativa di Rosario Pistorio volta al cambio di denominazione dell'odierna Via Cialdini. Sembrerà inutile e superfluo, ma voglio anch'io sottolineare che il generale modenese fu un criminale di guerra macchiatosi di efferati delitti perpetrati ai danni dal popolo delle Due Sicilie. Costui venne a completare l'opera di conquista dei suoi predecessori, mise a ferro e a fuoco le nostre città, ordinò massacri, sevizie e saccheggi, poiché per lui la nostra era una terra da assoggettare, poiché per lui il nostro era un popolo da sottomettere. Nessuna città dovrebbe ricordare nella propria toponomastica un così bieco personaggio; nessuna una città del nostro antico stato dovrebbe ricordare nella propria toponomastica un così bieco personaggio; Riposto non dovrebbe ricordare nella propria toponomastica un così bieco personaggio. Come ha scritto Rosario Pistorio, mantenere detta denominazione alla via de quo suona come un'offesa al buon senso: sarebbe opportuno cambiarla intitolando la strada una personalità che meglio possa rappresentare i valori della sicilianità.
Cordiali saluti
dott. Giuseppe Bartiromo
(Cava de Tirreni)

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Egregio Sindaco, Iniziativa Tutti aderisco promossa dai "Comitati Due Sicilie"

"Una Causa di Strada Nuova intitolazione della "Via Enrico Cialdini ",
Dedicandola a, Maria Teresa, regina delle Due Sicilie, moglie di Ferdinando II.

Ci Pensi bene!

vitinatronnolone@virgilio.it

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Scrivo in risposta alla lettera del Sig. Pistorio di Riposto, apparsa su LA SICILIA il 15 marzo 2010, perchè desidero condividere la sua proposta di modificare il nome della via intitolata al generale Cialdini ed invitando tutti nel contempo ad una serena riflessione sui presunti meriti del militare piemontese e se questi siano sufficienti per rappresentare una via a Risposto.

Sono certo che la scelta di dedicare una via ad Enrico Cialdini, causa l'eccessiva enfatizzazione dell'epopea risorgimentale, fu imparziale e troppo frettolosa, per di più avvenuta a scapito di altri personaggi dell'epoca, sicuramente più degni.

Una riflessione seria ed imparziale sulle figure storiche che hanno caratterizzato il nostro passato, oltre a restituire una dignità storica a questa città, sarebbe l'occasione per i ripostesi di conoscere qualcosa in più del loro passato e del periodo storico risorgimentale che, sebbene portò alla cosiddetta Unità, fu foriera di lutti, di veri e propri sterminii, di sangue e di altri abusi, dei quali Cialdini fu certamente uno dei principali autori.

Le brutalità del Generale Cialdini furono talmente eccessive che persino i suoi soldati ne rimasero inorriditi. Ecco cosa scrisse nel suo diario un bersagliere valtellinese e commilitone di Cialdini durante i fatti di Pontelandolfo: "Entrammo nel paese. Subito abbiamo cominciato a fucilare preti e uomini, quanti capitava, indi i soldati saccheggiavano e infine abbiamo dato l’incendio al paese, abitato da circa 4.500 persone... Quale desolazione! Non si poteva stare d’intorno per il gran calore, e quale rumore facevano quei poveri diavoli, che la sorte era di morire chi abbrustoliti, e chi sotto le rovine delle case"

Nel condividere la iniziativa, viedo al Sindaco che legge di considerare l'effettiva portata, sul piano identitario meridionale, dell'uso di nomi NON NOSTRI ai fini di intitolare strade, piazze, corsi, gallerie, ecc ...., che molto hanno contribuito a demolire la Nostra forte identita Merdionale.

Ing. Vincenzo Mogavero
Via Breccia, 4
84080 - Capezzano Salerno

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Ill.mo Sig. Sindaco di Riposto, Dott. Carmelo Spitaleri,
La invito a ripristinare l'antico nome dell'odierna via Enrico Cialdini alla
nostra Regina Maria Teresa, moglie del Re Ferdinando II del Regno delle Due
Sicilie.
Conoscere e non Rinnegare la propria storia è la condizione essenziale per
ritenersi un Popolo.
Certo che vorrà approvare questa richiesta La ringrazio fin da ora.
Dr. Andrea Monteleone

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Appoggio all'iniziativa

Paolo Guaglione

Editoria & Comunicazione Multimediale s.r.l.

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Trovo giusta liniziativa, alla quale mi asocio, di intitolare una via a
Maria Teresa, regina delle Due Sicilie, piuttosto che lasciarla intitolata
al generale Cialdini, massacratore di gente del Sud.

Fabio Manfredi Selvaggi

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La Presente per chiedere di ripristinare l'antico nome della via attualmente dedicata al generale
Enrico Cialdini, affinchè ritorni ad essere intitolata a Maria Teresa, regina delle Due Sicilie.


Grazie mille
cordiali saluti Giovanna Belmonte

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Gentile Sindaco, è indecoroso e disdicevole che le vie, piazze ecc. siano ancora intitolate a chi, con il sangue ed atrocità varie, ha debellato un regno illuminato per quei tempi. Non è azzardato affermare che i vari Cialdini, Piva, Garibaldi sono stati i primi esecutori di eccidi di massa dei tempi moderni. Le inutili stragi di Pontelandolfo e Casalduni (solo anziani e donne), i martiri di Fenestrelle e di tante altre valorose popolazioni del Regno, per non dimenticare la piazzaforte di Messina, ultimo baluardo a salvaguardia del Regno ci impongono una seria riflerssione circa il proceso unitario e le celebrazioni del prossimo anno. Via Cialdini dalle strade ed inseriamo SAR Maria Teresa. Non dimentichiamo l'ultima valorosa Regina, S.A.R. Maria Sofia, che fino alla Sua morte ha difeso l'onore del Regno curando i soldati napoletani nella terza guerra d'indipendenza al fianco degli austriaci per combattere coloro che avevano annientato il loro regno ma non la loro dignità.

ANTONI SOPRANO

SI VIS PACEM PARA CORDA

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Gentile Dott. Spitaleri,
la invito a rimuovere l'intitolazione al generale piemontese Enrico Cialdini e ripristinare l'antica via dedicata alla regina Maria Teresa delle Due Sicilie.

Mi appello al suo buon senso ed all'amore che prova per la nostra terra, affinchè anche nella toponomastica sia fatta giustizia e reso onore a chi merita la nostra riconoscenza.

Cordialità
Davide Cristaldi
Comitato Due Sicilie sez. Sicilia

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Egr. sig. Sindaco.
Il sig. Cialdini fu solo un mediocre soldato piemontese che nulla portò
alla nostra terra, se non spiacevoli fatti bellici, e che quindi non merita di
essere ricordato in terra siciliana. Ritengo sia sicuramente più dignitoso
intitolare la Piazza della Sua Città a Maria Teresa Regina delle Due Sicilie.

Grazie
Cordiali Saluti

Armando Donato ( Messina )

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Al signor sindaco di Riposto, Carmelo Spitaleri io Messina Rosario, segretario
della regione Calabria dei Comitati delle due Sicilie, chiedo alla S. V. di
voler prendere in considerazione, di voler rimuovere il nome di Cialdini da qua
ella via di RIPOSTO, e voler ripristinare l'antica intitolazione alla regina
Maria Teresa, regina delle due Sicilie.. certo del suo amore per la sua terra,
ed anche lei consapevole che Cialdini è stato un uccisore di meridionali,
nostri fratelli.

Distinti Saluti.

Saro Messina

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Signor Carmelo Spilateri, Sindaco di Riposto,

Appoggio la richiesta dei suoi concittadini per la sostituzione dell
intitolazione della strada a Cialdini.
Questo personaggio non conosceva ne amava ne ha dato lustro alcuno alla
città che Ella governa. Il suo nome è stato imposto per il servizio reso ai nuovi conquistatori
sabaudi, per cancellare la memoria storica dei cittadini del Sud (ex Regno Borbone)
Lascio che si presenti con le sue parole :
« Enrico Cialdini, plenipotenziario a Napoli, nel 1861, del re Vittorio. In
quel suo rapporto ufficiale sulla cosiddetta "guerra al brigantaggio",
Cialdini dava queste cifre per i primi mesi e per il solo Napoletano:
8 968 fucilati, tra i quali 64 preti e 22 frati;
10 604 feriti;
7 112 prigionieri;
918 case bruciate;
6 paesi interamente arsi;
2 905 famiglie perquisite;
12 chiese saccheggiate;
13 629 deportati;
1 428 comuni posti in stato d'assedio. »

Con Ossequi Rosalba Valente

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Egr. Sig.Sindaco,
da siciliana, mi vergogno profondamente che una delle vie del paese di cui lei è primo cittadino, porti il nome di un feroce massacratore di inermi duosiciliani.
Per questo motivo, le chiedo di rimuovere il nome di Cialdini da una delle vie del suo paese, ripristinando l'antica intitolazione alla regina Maria Teresa, regina delle due Sicilie. Grazie.
Cordialmente
prof.ssa Benedetta Bonaccorso

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Egregio Dott. Carmelo Spitaleri,

Sto riscoprendo da pochi anni la storia della mia terra, una storia cancellata dai libri di scuola,
una storia troppo scomoda e quindi ancora attuale e rivelatrice delle vere cause della questione meridionale
e delle ragioni della ingiusta dicotomia economica Nord-Sud.

Mi rivolgo a Lei per invitarla, in qualità di sindaco di Riposto, a rimuovere il nome di Cialdini dalla via della Sua città
e ripristinare l'antica intitolazione alla regina Maria Teresa, regina delle Due Sicilie.

Non riesco a credere come fa quel generale ad avere ancora oggi delle vie intitolate proprio in quei territori, che
considerava abitati da "beduini affricani" e quindi meritevoli di quegli efferati eccidi di cui si è macchiato.
Ha fucilato e messo a ferro e fuoco il mio paese anche il giorno di Natale, mentre le donne e i bambini andavano
a messa. E' notizia di oggi che Bronte è stata esclusa dalle celebrazioni del 150esimo con la evidente volontà di
omettere pagine vergognose della nostra storia. Ricorrenze tese al festeggiamento senza macchia e non alla riflessione e alla riconciliazione.

RingraziandoLa anticipatamente, Le porgo i più sentiti saluti.

Alfonso Vellucci

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mercoledì 19 maggio 2010

L’ oscurantismo storico postunitario messinese



L’anniversario dei 150 anni dal’invasione garibaldino-piemontese della Sicilia, ha scatenato un’onda di retorico entusiasmo, probabilmente atto a coprire con parole inutili la tragica situazione del sud Italia a 360 gradi ed il fallimento del sistema Italia. La Sicilia anzi la casta siciliana ed accoliti "schiavi di Roma" festeggiano, ma intanto l’isola rimane una delle regioni più povere d’Italia, una colonia pseudo autonoma sfruttata, un serbatoio di voti pieno di disoccupati o servi del potente di turno, in costante ed inarrestabile emigrazione, ancora soggetta al razzismo e discriminazione da parte delle civilissime popolazioni del nord e di molti smemorati meridionali ormai settentrionalizzati. Un ‘isola bella e ricca ma piemontesizzata, spesso mal abitata e mal amministrata in cui la meritocrazia non esiste, la mafia è bel lungi dall’essere sconfitta e forse mai lo sarà in quanto utile a qualsiasi tipo di invasore, tra cui anche il Garibaldi, ex disertore, ex ladro di cavalli, ricercato dagli stessi savoia prima di essere ingaggiato per invadere e saccheggiare uno stato sovrano, con l’aiuto della massoneria internazionale. Questi sono i risultati di 150 anni di storia d’Italia e chi difende anche legittimamente tale situazione farebbe bene ad assumersi le proprie responsabilità, a partire dal capo dello Stato, dalla classe politica (in modo particolare meridionale) e dai risorgimentalisti convinti e di comodo, lontani anni luce dal sempre bistrattato popolo bue, con i suoi problemi e diritti puntualmente calpestati, ma che spesso ha quel che si merita ( e vota). Risulta inoltre ridicolo di fronte ai fatti evidenti tentare una giustificazione scaricando le colpe su chi c’era prima del 1860, troppo comodo. Il farraginoso e sconquassato sistema antisud voluto ed imposto dai signori guerrafondai savoia ed ancora oggi sponsorizzato ed applicato dall’attuale repubblica palesemente filosavoiarda, esiste non da 2 giorni ma da 150 anni, un secolo e mezzo di storia fatto di guerre, guerrette, repressioni, rivoluzioni, attentati, inciuci, governi ,governicchi, finti eroi, traditori, ladri, terroristi, briganti, partigiani, stragi e misteri di stato mai risolti e chi più ne ha più ne metta. Il tutto a costante discapito del meridione ( ma non solo) onesto, che non ha tratto nessun beneficio rimanendo fanalino di coda d’Europa, un appendice abitata da briganti e terroni, ma quando conveniva utile a fornire carne da cannone, forza lavoro, voti e risorse agli altri, così come voluto allora dai piemontesi e & C per le loro insulse e stupide guerre ed il loro triangolo industriale.

Da quegli eventi sbandierati come liberazione dallo straniero, ma che di fatto fu una nuova invasione straniera per scopi politico economici e nulla più, nasce la situazione attuale di cui c’è poco o nulla da festeggiare. Lo strumento più utile per mantenere ignorante un popolo è quello di eliminare il dubbio, ribaltare e manipolare la storia e plasmarla a proprio uso e consumo, trattandola solo nelle parti convenienti, con sistematica obliterazione del resto. Da 150 anni infatti la storiografia ufficiale compresa quella attuale repubblicana, la quale avrebbe dovuto in qualche modo lasciarsi alle spalle la monarchia sabauda, felicemente conclusasi con l’ultima tragica guerra mondiale e l’ennesimo cambio di casacca , non fa altro che straparlare ed enfatizzare i fasti garibaldino-savoairdi, esaltare falsi miti, inventare eroi ecc. Per anni ci è stata propinata una storia da libro cuore in buona parte falsa, tendente a liquidare con disprezzo tutto quanto ritenuto scomodo, quindi bollato come arretrato e negativo, facendo credere che storia e cultura della nostra terra siano nate nel 1860, prima di tale data solo l’oblio assoluto. Purtroppo questo modus operandi non ha fatto altro che incentivare la cultura del nulla, mantenendo i cittadini dentro un limbo di ignoranza apatica e favorendo la retorica storica ed ideologizzata a scapito della storia vera, basata su fatti concreti e sulla trattazione equilibrata e superpartes. Da tutto ciò è nato un esercito di pseudostorici, bravi solo a blaterare le solite quattro chiacchiere vuote, utili all’uso ideologico e partigiano della storia, quindi ricca di falsità ed inesattezze dovute molto spesso alla impreparazione. Gli esempi anche a Messina purtroppo non mancano, ed in questo periodo di feste e festine in cui ogni metro di strada, ogni aiuola è utile a sponsorizzare la causa garibaldina anche a costo di propinare e diffondere falsità e storture, da alcuni sedicenti storici in merito a testimonianze militari forzatamente attribuite al Garibaldi tramite tutta una serie di panzane, è stata “brillantemente” e testualmente coniata questa frase: “Riteniamo comunque che a nulla giova disquisire sulla proprietà..... non ricorderà se quei cannoni furono inglesi, svedesi, sabaudi,
borbonici, garibaldini o vecchie artiglierie navali abbandonate sulla spiaggia, ma un pezzo di storia cittadina riferita al Risorgimento che, tra luci ed ombre, ha comunque segnato la storia e il nostro presente.”
A nulla giova disquisire….……… non ricorderà se quei cannoni furono inglesi svedesi ecc!!!!

Una perla di saggezza risorgimentale!!! In parole povere si afferma che “non è importante risalire alla verità storica tramite le testimonianze lasciateci, l’importante è ricordare Garibaldi anche con testimonianze non certe se non false ”. Una ridicola frase del genere che farebbe sorridere un qualunque studente universitario del settore, riportata tra l’altro pubblicamente e sponsorizzata dalla politica quasi con orgoglio, svela in tutto il suo splendore quale e quanto grave e pericoloso sia la pochezza e lo scadimento culturale di questa città e di questo paese, nonché la forma mentis, il modus operandi e la preparazione dei figli di questa non cultura, per i quali l’importante è festeggiare Garibaldi ( che a frittata fatta si pentì amaramente) in qualsiasi modo e con qualsiasi strumento senza necessariamente risalire alla verità storica, il resto non importa, non serve, è inutile. Tale ragionamento, a parte i motivi economici che vi si celano dietro, è proprio l’antitesi della ricerca storica del passato, senza il quale il presente non esiste, è la negazione della verità nonché un pericoloso metodo che ben rievoca dittature passate nostrane ed estere, di cui i savoia furono precursori.Altri esempi di tale mentalità sono ben evidenti in ulteriori false attribuzioni in base alla convenienza e non alla verità. L’ ultimo è quello rilevato in un settimanale locale, in cui si tratta il tema dei festeggiamenti dei 150 anni. In tale giornale nella medesima pagina vi sono due distinti articoli, in cui lo stesso autore parlando della arrivo di Garibaldi a Messina prima afferma testualmente che:” dopo la sconfitta di Milazzo il generale borbonico Clary fece ritirare le sue truppe dalla Sicilia. Il 25 luglio 1860 luglio venne firmata la resa dei borboni ed il giorno successivo Garibaldi ottenne la resa della Cittadella""" Poi invece riporta che tutti i presidi borbonici caddero il 12 marzo 1861.

Risulta palese che non solo si sconosce la storia locale per la parte duosiciliana ( e su ciò non c’era alcun dubbio), ma anche per quella garibaldina!! Quale è la versione giusta? Forse l’autore ha confuso con un
altro 25 luglio? E’ possibile scrivere cose del genere? Evidentemente si, poiché in effetti, proprio per il principio che si evince dalla frase sopra riportata e che sintetizza il pensiero e l’alta considerazione della storia da
parte filogaribaldina, ovvero che “”non ha importanza sapere la verità ma basta festeggiare Garibaldi”, tutto fa brodo, anche palesi e ridicoli errori del genere senza nessun approfondimento, controllo, rilettura ecc. Errare umanun est perseverare…

E’ quindi necessario intervenire ancora una volta per ripristinare la verità. Il primo ordine dato dal del De Clary circa il ritiro borbonico nella cittadella è datato 24 luglio 1860. Lo stesso pomeriggio le truppe garibaldine
avrebbero attaccato quelle borboniche presso la torre Rizzo e Puntale Pistorio. La notte del 24 quasi quasi tutto l’esercito duosiciliano era riunito presso il piano di Terranova e la Real Cittadella e dislocato negli ultimi avamposti della zona falcata. Il 26 luglio con il patto De Clary- Medici fu sancito il definitivo abbandono borbonico dei restanti presidi di Gonzaga, Castellaccio e torre del Faro con imbarco per la Calabria o il trasferimento presso la zona falcata nei presidi di don Blasco, Cittadella, batteria della Lanterna e SS. Salvatore. Il signor Garibaldi entrerà a Messina solo il 27 luglio mantenendosi ben lontano dalle zone calde. Messina fu l’ultima roccaforte duosiciliana di Sicilia e la penultima del regno, arrendendosi soltanto il 12 marzo 1861, con applicazione dell’ordine di resa la mattina del 13. La resistenza agli invasori piemontesi fa dunque di ben 8 mesi, mentre l’ultima roccaforte duosiciliana fu Civitella che si arrese Il 20 marzo 1861 a Cialdini, il coniglio in fuga di Custoza.

Questi sono i fatti, le ipocrisie, gli errori e le assurdità le lasciamo a tal signori coi loro eroi e simboli da commemorare a qualunque costo in una città morta e pervasa dal’ignoranza e pressapochismo, una città di etichette in cui sono tutti professori, presidenti, direttori e quant’altro, una città di provincia, in rovina, da cui fuggono centinaia di persone, che non funziona, vive per inerzia e non produce nulla se non quando ci sono torte da spartire, che non a caso è infatti ultima in Italia nonostante amministratori e cittadini vari si illudano o credano davvero di vivere in una realtà normale. Liberissimi di farlo ed esprimere le proprie opinioni sguazzando nell’ignoranza, ma la storia non è un opinione ne un pensiero personale, quindi chi si ritiene storico e studioso ha in primis il dovere di ricercare e dire la verità e non modificarla o escluderla in base ai propri gusti, tendenze politico-ideologiche o peggio alla convenienza, così come avviene attualmente. Tuttavia la stessa storia ci insegna che prima o poi chi di spada ferisce di spada perisce.

di Armando Donato
Responsabile Comitato Storico Siciliano - Messina

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mercoledì 12 maggio 2010

Piazza Maria Sofia di Borbone su La Sicilia




OGGETTO : Città di Sciacca – Intitolazione Belvedere Maria Sophia Wittelsback-Borbone


Amici e compatrioti,

Ancora una volta, la città di Sciacca, superando ostacoli a non finire, critiche sterili ed altro ancora, posti in atto da gente chiaramente ignorante del periodo storico, o palesemente in malafede al solo scopo di mettere in difficoltà l’amministrazione, ha dimostrato che la cronologia dei fatti e dei personaggi accaduti e vissuti nel Meridione d’Italia non è altro che la Storia della propria terra ed i personaggi che ne hanno fatto parte nel bene e nel male vanno rispettati, onorati, crtiticati, ma "liberamente" ricordati.

Sciacca pur nel suo piccolo sta dimostrando all’Italia intera che voler conoscere la verità sulla caduta del Regno delle Due Sicilie, non è far politica, né voler mettere in discussione l’integrità (non l’unità) d’Italia, bensì il “solo” modo di attuare “veramente” quell’unità d’Italia, che “ a forza” vogliono farci inghiottire ancora, e dire agli “Italiani” che il “loro Risorgimento” non era “esattamente quello che ci propinano da 150 anni.

Il fatto sostanziale di quanto sopraasserito sta nei seguenti accadimenti degli ultimi anni:

Giunta di centrosinistra – Invito in città a Juan Carlos di Borbone per la targa sull’isola ferdinandea.

Giunta di centrodestra : Intitolazione Piazza a Ferdinando II e Via Isola Ferdinandea

Giunta di centrosinistra – Intitolazione Belvedere a Maria Sophia di Borbone.

Quindi sia il centrodestra, e ben 2 volte il centrosinistra, hanno dimostrato che parlare del Regno delle Due Sicilie e di quanto è successo in quel tragico periodo storico, NON è fare politica, bensì è solamente cercare di fare chiarezza sul detto periodo e quindi, fare Storia con la ESSE maiuscola.

Purtroppo il governo italiano, cieco e sordo a quanto sta avvenendo nel Meridione d’Italia, continua ad “oltraggiarci” ancora oggi, sperperando milioni di Euro, a festeggeggiare l’unità d’italia.

Possibile che non riescano a capire, che fino a quando non ci sarà resa giustizia dicendo a tutti gli italiani come sono andate veramente le cose, l’unità d’italia resterà solo una chimera. Ci saranno sempre DUE Italie una del centronord e quella del centrosud, perché noi del Sud, dopo aver appreso come fu fatta l’unità d’italia, NON CANTEREMO MAI PIU’ “FRATELLI D’ITALIA”, perché di fratelli “CAINO” ne abbiamo avuti abbastanza.

Ringrazio tutti quelli che “si son spesi” per questa vittoria della “GIUSTIZIA STORICA”.

Il Sindaco di Sciacca e la Giunta che hanno votato all’unanimità per l’intitolazione

Il Vicesindaco : Avv. Carmelo Brunetto – Il consigliere Comunale Giuseppe Ambrogio – Il consigliere provinciale Ezio Di Prima – Il consigliere provinciale Stefano Girasole – Il Presidente dell’Associazione “Pro Perriera”, la Commissione Toponomastica della Città di Sciacca e tutti i firmatari della Petizione “Una firma per Maria Sophia” ed infine il Dr. Filippo Cardinale Direttore del Corriere di Sciacca.

L’inaugurazione avverà (salvo imprevisti) domenica 27 giugno 2010 e a far gli inviti provvederà la Delegazione Siciliana del Sacro Militare Ordine Costantiniano di S. Giorgio. Ovviamente chiunque può partecipare.

Sarebbe nostra intenzione fare una “lapide commemorativa” degna del sito (il più bello di Sciacca), ma, ci sono dei problemi di realizzazione e quindi ci dovremo accontentare della solita tabella comunale.

Un cordiale saluto a tutti e vi dò appuntamento alla prossima avventura : Francesco II? Chissà, chi vivrà vedrà.


Pino Marinelli

Segretario (a termine) dei CDS

Regione Siciliana

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martedì 11 maggio 2010

Come dovrebbe essere un "Napolitano"



Napolitano: "Penoso liquidare la verità storica, immaginare unioni felici salto nel buio"

Il Capo dello Stato ha deposto una corona d'alloro davanti alla stele che, a Marsala, ricorda la resistenza borbonica: "Non c'è nulla di retorico. Rinnoviamo il ricordo sul sangue sparso per fondare la nostra nazione. Solo con il ricordo di come avvenne l'Unita, l'Italia può crescere di più"

Marsala - "Chi si trova ad immaginare o prospettare una nuova epoca agiografica del Risorgimento, attraverso bugie o falsi storici comunque concepiti, coltiva un autentico salto nel buio". Usa un tono molto deciso il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel suo intervento a Marsala, dove si ricorda il 150° anniversario dell’unità d’Italia.

"L’Italia deve nel medio e lungo periodo, crescere di più e meglio ma può riuscirvi solo se ricorderà insieme ciò che avvenne davvero durante il Risorgimento, solo se si metteranno a frutto le risorse finora sotto-impiegate, le potenzialità, le energie delle regioni meridionali". Secondo Napolitano "si deve chiedere a tutte le forze responsabili che operano nel Nord e lo rappresentano, di riflettere fino in fondo su un dato cruciale" ovvero la necessità dell’Italia di sapere come il Sud subì l'annessione per "crescere di più e meglio". Al tempo stesso è necessario che il Sud operi "correzioni essenziali" sia a livello di amministrazioni pubbliche sia nel settore privato che nei comportamenti collettivi.

Ma il Sud sia più responsabile Il Capo dello Stato non nega che sia "legittimo muovere in modo argomentato e costruttivo critiche agli indirizzi della politica nazionale per scarsa sensibilità e aderenza ai bisogni della Sicilia e del Mezzogiorno". Ma questo non può essere un alibi per il Sud, per non vedere le proprie responsabilità. E le stesse critiche alla politica nazionale "non possono essere accompagnate da reticenze e silenzi su quel che va corretto nel Mezzogiorno. "Si tratta di far applicare "correzioni essenziali - ha concluso Napolitano - anche la fine di debellare la piaga mortale della criminalità organizzata" e gli intrecci con i politici del Nord.

Lo sbarco Napolitano ha deposto una corona di alloro davanti alla stele che ricorda, nel porto di Marsala, la resistenza borbonica contro iMille guidati da Giuseppe Garibaldi. Nel molo, in ricordo di quella storica giornata, hanno attraccato due imbarcazioni per ricordare l'invasione garibaldina. Alla cerimonia, oltre al capo dello Stato, partecipano il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, e tutte le autorità locali.

E' necessario un nuovo patto fondativo "Non c’è nulla di retorico nel celebrare la resistenza borbonica in Sicilia, è un modo di rinnovare il patto fondativo della nostra nazione", ha detto Napolitano. "È una giornata bellissima e ventosa. E siamo davanti ad una meravigliosa manifestazione di popolo. Quando talvolta - ha detto Napolitano, sul molo - 'mah i Borbone!' o addirittura si magnifica l’Unità d’Italia, per capire che si tratta di uno straordinario e fondamentale patrimonio collettivo del popolo meridionale, basta vedere la partecipazione calorosa come quella di questa mattina a Marsala".

Serve coesione nazionale Molto applaudito il discorso del Capo dello Stato, specie nei passaggi in cui ha riaffermato l’importanza della questione meridionale, il ruolo "non passivo, ma da protagonista" del Sud nella resistenza, e anche quando ha sottolineato che il contributo del Mezzogiorno è "storicamente indiscutibile". "Il ricordo del 150° - ha detto Napolitano - offrono l’occasione per mettere in luce le sofferenze della Sicilia e del Mezzogiorno che affondano le radici in un passato plurisecolare. Di quelle conseguenze, culminato nelle conquiste del 1860-1861, come meridionali non possiamo essere fieri: non c’è spazio, a questo proposito per pregiudizi e luoghi comuni che purtroppo ancora circolano E' necessario ribadire che il Mezzogiorno, dando il proprio sangue ed i propri risparmi ha consentito all’Italia di diventare uno stato moderno e ricco.

L'articolo originale è su: http://www.ilgiornale.it/interni/napolitano_penoso_liquidare_lunita__immaginare_secessioni_salto_buio/napolitano-unita_italia-sbarco_mille-marsala/11-05-2010/articolo-id=444612-page=0-comments=1

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Il Comitato Storico della Lombardia contro il Museo Lombroso



Presenti anche noi l'8 maggio a Torino, accorsi da ogni parte d'Italia per sostenere la manifestazione contro la riapertura del museo di Cesare Lombroso, dentro il quale fanno bella mostra di se centinaia di teschi appartenenti ai briganti del Sud ed a tutti quei poveri contadini che si ribellarono all'invasione piemontese.

Gli ideali di Cesare Lombroso fornirono la necessaria legittimazione alle stragi dei Savoja, i quali si poterono così sporcare le mani del sangue di quei campani, calabresi, pugliesi, siciliani, abruzzesi, lucani, molisani che non ne vollero sapere di sottomettersi al nuovo padrone savojardo e lo combatterono a viso aperto.

Il giorno 7 maggio una delegazione dei Comitati delle Due Sicilie ha ricordato i soldati meridionali morti nel campo di concentramento di Fenestrelle.
Il lager della Val Chisone da qualche anno ospita una targa a ricordo di quei caduti, donata dai Comitati Due Sicilie. La manifestazione alla fortezza è stata arricchita da un ospite inatteso, l'euro parlamentare della Lega Nord On. Mario Borghezio, il quale ha voluto rendere il proprio saluto alle anime di quei valorosi.

Davide Cristaldi
Vicepresidente nazionale CDS


Alcune foto della manifestazione: http://comitatiduesicilie.org/index.php?option=com_rsgallery2&Itemid=64&catid=40

Link al filmato su Youtube: http://www.youtube.com/watch?v=6KC99DPm3o8

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venerdì 7 maggio 2010

Anche il Corriere inciampa sui vapori della compagnia Rubattino.



Qualche settimana fa è uscito un articolo sul Corriere a firma di Alberto Maria Banti in cui si racconta il viaggio da Quarto a Marsala dei mille di Garibaldi finalmente in chiave un pò meno agiografica, ma non abbastanza da avvicinarsi alla verità storica.

In particolare viene ancora riportata la versione ufficiale della sottrazione dei piroscafi "Piemonte" e "Lombardo", mentre parecchie ricostruzioni storiche parlano di un vero e proprio accordo, quello tra Peppino ed il ministro dell'interno Farini con tanto di firma del Re Vittorio Emanuele a garantirne il pagamento.

Vi sono infatti diversi scritture dell'epoca che parlano dell'affare Rubattino come "accordo" e non come "furto", strano che il Corriere non li abbia citati come l'onestà intellettuale imporrebbe, o dovremmo forse dubitare della preparazione storica dei suoi giornalisti?
Anzi, la "sottrazione" dei due vapori sardi fruttò immensi guadagni alla compagnia di navigazione genovese, in quanto le somme utilizzate per pagare le due navi furono successivamente prelevate dal Banco delle Due Sicilie di Napoli e Palermo come si legge in questa nota:

"Anche questa farsa di simulata violenza nell' uso fatto de' vapori marittimi fruttò alla Società Commerciale Rubattino rilevanti somme. L'amore per la nuova Italia , divenuto per molti una speculazione d'immensi guadagni, ha inspirati due decreti dittatoriali pubblicati nel giornale officiale di Napoli a dì 5 ottobre 1860 firmati dal solo Garibaldi in Caserta ,col primo de' quali si assegnano 450 mila franchi alla detta Società Rubattino da pagarsi dalla Tesoreria di Napoli per rinfrancarla della semplice cattura del suo battello Cagliari servito per la generosa, quanto sfortunata impresa di Carlo Pisacane ,, : e col secondo decreto ,, si assegnano alla stessa Società Rubattino altri 750 mila franchi, da pagarsi dalle Finanze di Napoli e di Sicilia, in compenso della perdita de' due suoi battelli il Lombardo, e il Piemonte , serviti alla prima e fausta spedizione di Sicilia ; da conservarsi, e ripararsi in memoria della iniziativa del popolo italiano etc..[1].

Dai decreti garibaldini si evincono altre due fatti fondamentali:

1) I meridionali dovettero rimborsare anche il "Cagliari" un piroscafo andato perduto durante la sfortunata spedizione di Carlo Pisacane, avvenuta 3 anni prima.

2) Il Cagliari apparteneva sempre alla società Rubattino, strana coincidenza il fatto che per simili spedizioni si acquistavano o rubavano sempre navi di questa compagnia.

Ma continuiamo con la nota:

"I due bastimenti a vapore non furono rapiti per forza, ma comprati da Garibaldi ; con queste condizioni. Medici aveva trattato l'affare con il proprietario Rubattino ; e si erano accordati sul prezzo. Ma Rabattino , al quale non avevano nascosta la destinazione de' vapori, rifiutava consegnarli senza pagamento su la nuda firma di Garibaldi. In questo impaccio, opponendosi Bertani, che si toccasse la cassa de' Comitati, si volsero a Farini allora ministro dello interno, il quale fece riflettere, che nella sua qualità officiale gli era impossibile dare la firma, e per firmare col suo nome personale trovava la faccenda assai pericolosa. Si pensò allora di far intervenire il re medesimo per assicurare, o più esattamente per garentire a sua volta Farini. Essendosi così combinate le cose, l'atto di vendita fu stipulato presso il regio Notajo ( Badint, o Badigni, in via di Po, a Torino) e firmato dal generale Medici per Garibaldi, da Saint-Frond pel re, da Riccardi pel suo suocero Farini. Appena venuto in possesso de' bastimenti Garibaldi s'imbarcò con i suoi uomini : difettando di munizioni, il governatore del forte di Talamone gli consegnò polvere , cartucce , ed armi sopra un ordine scritto del Ministro della guerra"[2].

Da quest'altro resoconto, si capisce come Rubattino fosse perfettamente conscio della situazione, così come era chiaro l'appoggio incondizionato e non neutrale da parte del governo piemontese(al contrario di come afferma il Corriere) che intervenne con fatti concreti a dar man forte all'operazione garibaldina.

Ma la storia del "falso furto" viene riportata da più fonti, peraltro accessibili a tutti:

"I nostri lettori ricorderanno come Garibaldi co' suoi mille volontarii partisse da Genova sopra i due vapori il Piemonte ed il Lombardo, appartenenti alla società Rubattino. Era giustizia indennizzare la società la quale fino a quel giorno generosamente non erasi fatta sentire.- La voce corsa dopo la partenza di Garibaldi da Genova fu che la spedizione si fosse impadronita a viva forza dei due battelli, e ciò per non implicare la società Rubattino nei delitti di Stato e nei reclami delle leggi e dei diritti internazionali. Ma veramente la società Rubattino era intesa di tutto, e volontariamente aveva dati i due vapori, certa che le sarebbero stati pagati o da Garibaldi stesso o dalla nazione perchè adoperati per causa eminentemente nazionale. Ora che appressavasi il giorno in cui il governo sardo doveva prendere le redini del governo di Napoli, era conveniente che il dittatore prima di ritirarsi dal potere decretasse il pagamento dei due battelli alla predetta società. Garibaldi adempì scrupolosamente a questo suo dovere il giorno 5 ottobre con un decreto in data di Caserta, col quale ordinò fosse pagata in cartelle del debito pubblico dello Stato la somma di 750 mila franchi, 3/4 dalle finanze di Napoli e un 1/4 dalle finanze di Sicilia"[3].

Ed ancora:

"Nino Bixio, finto corsaro, s'impadroniva di due vapori della Società Rabattino, il Piemonte e il Lombardo, SENZA CHE NESSUNO GLIELO IMPEDISSE; e due ore dopo la mezzanotte, i due piroscafi giungevano dinanzi alla spiaggia di Quarto, dove stava ad attenderli Garibaldi, circondato dai suoi volontarì"[4].

Ed infine, ma non ultimo:

"Il Bixio, cercato indarno un bastimento che assumesse il viaggio periglioso, pel puro noleggio, era riuscito più fortunatamente a persuadere Raffaele Rubattino a lasciarsi rapire, con un simulacro di pirateria e, mercé la sola malleveria della firma di Garibaldi, due de' suoi piroscafi, e al più era provveduto"[5].

Fino a quando il Corriere continuerà a sfornare articoli pieni zeppi di inesattezze storiche e montature agiografiche, toccherà a noi piccole voci resistere e raccontare come si svolsero effettivamente i fatti e come sulle tasche dei duosiciliani gravò l'intero costo dell'unificazione italiana mentre a guadagnarci furono soltanto i conquistatori.
Una rendita fruttuosa che gli eredi della classe dirigente piemontese cerca di perpetuare, nascondendo e dissimulando ancora oggi.


[1] Cronaca degli avvenimenti di Sicilia da aprile 1860 a marzo 1861 - 1863 - pag.67
[2] Ivi - pag.68
[3] Storia dell'insurrezione siciliana - Milano - 1861 - pag.32
[4] Storia di Vittorio Emanuele II - Roma - 1893 - pag.185
[5] Il Valore Italiano - Roma 1883 - pag.482

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martedì 4 maggio 2010

Nuove prove sui cannoni di Capo Peloro



Lo studio e la trattazione della storia devono essere necessariamente affrontati con serenità ed equilibrio da parte del ricercatore, studioso o appassionato che sia, al fine di scoprire la verità. Metodo opposto è quello dell’obliterazione, offuscamento e liquidazione partigiana ed ideologica di importanti e duraturi periodi storici sia preunitari che post grande guerra, le cui testimonianze Messinesi sono troppo spesso con odio, timore e sufficienza, snobbate e vittime di errate attribuzioni; vedasi ad es. tutte le opere militari edificate dagli anni 30 del 900 in poi o vari esempi preunitari come i cannoni visibili nel litorale di Pace rinvenuti sulla locale spiaggia e spacciati per Inglesi, la torre del Faro detta erroneamente Inglese, la Real Cittadella e tanto altro.

La storia di Messina (con relativa sistemazione difensiva) prima e più di quella d’Italia, deve essere letta in base a tutti i suoi periodi storici e non solo alcuni, o meglio i soliti, con sistematica esclusione politico- ideologica di altri. Le generalizzazioni non servono, così come è sterile l’attribuzione forzata e fuorviante di certe testimonianze ad un dato periodo che fa comodo sponsorizzare, snobbando tutto il resto. Ciò non è utile a nulla se non ai propri fini. In questo caso bypassare un più che secolare periodo come quello borbonico, vissuto da Messina prima dell’unità, negando ostinatamente sia gli importantissimi episodi storici verificatisi, sia l’esistenza di un sistema di organizzazione difensiva legittimamente approntato ben prima dell’arrivo di garibaldini e piemontesi, non è corretto ne d’ ausilio alla ricerca della verità.

La cultura e la storia Messinesi non nascono di certo nel 1860 o meglio dal marzo 1861, ne si concludono alla fine dell’800 o con la grande guerra; ciò sarebbe offensivo e riduttivo verso i suddetti periodi purtroppo mai trattati e/o etichettati come negativi, pessimi, arretrati ecc. seppur facenti parte del patrimonio culturale della città. Lo studio della storia, con l’ausilio di specifiche competenze, è ben altra cosa.

In base a quanto riportato nella relazione ritenuta ufficiale, secondo cui i cannoni di Capo Peloro sono savoiardi, garibaldini, risorgimentali e quant’ altro, è bene evidenziare alcuni punti:

1) mentre alcuni mesi fa tali fonti ufficiali sostenevano, forse con eccessivo azzardo, tramite inattendibili stampe non corrispondenti allo stato dei fatti, carte ecc che i 3 cannoni (prima ritenuti solo 2 e poi attribuiti alla marina borbonica) fossero stati trovati sulla spiaggia di Faro da Garibaldi e da esso riutilizzati, adesso invece affermano che furono portati da altri luoghi, senza però dare una spiegazione logica e chiara sui fatti precedenti e successivi.

2) L’assenza di batterie borboniche all’arrivo dei garibaldini è dimostrata dal fatto che giunto l’ordine di ritirata, le artiglierie furono ovviamente smontate e portate via, quelle vetuste e/o non trasportabili sabotate. Le truppe in ritirata da presidi fissi portavano con se tutto quanto possibile ed utile anche in virtù della convenzione tra i due eserciti, che prevedeva anche l’equa spartizione delle artiglierie;

3) Nell’ agosto del 1860 i presidi borbonici erano quelli nella zona falcata, dunque la Piazza Duosiciliana esisteva ancora, avendo il suo cuore pulsante nella suddetta area, tanto è vero che si arrese solo dopo 7 mesi.

4) Non è ben chiaro il perché tali cannoni, che si ritiene trasportati da altri luoghi, non siano stati portati via da Garibaldi, per il proseguo della Campagna. In verità egli non avrebbe mai preso altrove vetusti pezzi del genere (a maggior ragione se ritenuti di fine 600 primi 700), non si capisce infatti quale stratega potesse utilizzare cannoni che nessun cannoniere avrebbe utilizzato, poiché facili al difetto se non all’esplosione per via dell’età. Inoltre il loro calibro era nel 1860 (in cui già si usavano i Paixans da 80 libbre) ormai talmente ridotto da “fare il solletico” alle navi borboniche, aventi protezioni di 70 cm al galleggiamento, ed armate coi i 30 libbre esplodenti standard;

5) A smentita del decreto citato dal Mezzacapo sulle batterie borboniche
disarmate, è opportuno segnalare lo scritto di M. Musci sulla “storia civile e
militare del Regno delle due Sicilie dal 1830 al 1849”, che tratta dell’
addestramento ( 1831) degli artiglieri nei territori del Regno al di qua ed al
di la del Faro e della riorganizzazione militare e classificazione delle piazze
e forti del regno, secondo cui nel 1833 risultavano in particolare:
• Messina- Piazza di prima classe;
• Real Cittadella di seconda classe;
• Castelli del SS Salvatore di terza classe;
• Gonzaga e torre del Faro di quarta classe, comandata da un capitano.


6) Si rammenta che le aree costiere siciliane furono difese adeguatamente già a partire dalla metà del 700. Nel 1799 la protezione antincursiva siciliana fu potenziata con 100 pezzi da 36 e 24 libbre posti in 27 batterie, mentre la Real Marina disponeva di 86 varie navi. Lo stesso anno il presidio della torre del Faro era considerato “campo trincerato”, retto da un colonnello e presidiato da varie truppe anglosiciliane (fonte “Le Due Sicilie nelle guerre napoleoniche”- USSME 2008). Nel 1810 presso la torre del Faro erano armate due batterie inglesi più diversi trinceramenti (fonte G. Cockburn 1811), secondo J. Purdy (1841) vi erano ancora due batterie inglesi insieme ad artiglierie armate nelle torri martello, coordinate dal telegrafo di forte Spuria ). Inoltre una relazione di A. Ulloa, datata 1852 su” I fatti di guerra de soldati napoletani”, cita l’ipotesi di una prosecuzione delle batterie inglesi edificate 40 anni prima sulla costa nord della città, in modo da unire i presidi di difesa marittima di Messina e della torre del Faro.

7) Nel giugno 1860 risultavano armati nella Piazza di Messina 32 vari pezzi di artiglieria (fonte A.Gay 1896).

8 ) Poiché si è nel campo delle ipotesi, tali artiglierie sembrerebbero di metà 700 circa, la produzione commissionata in Svezia (anche per il regno Duosiciliano e d’Italia poi), Inghilterra o altrove, era usanza molto diffusa. Riguardo il periodo, i calibri, la denominazione ecc, premesso che la misurazione è da effettuarsi secondo precise tecniche, le girandole di numeri e cifre valgono tanto quanto, dato che le artiglierie innanzitutto erano denominate in base alle varie unità di misura ( una libbra inglese non era la stessa di quella napoletana ecc), ed abbastanza convenzionali quali tipici pezzi da marina, è impossibile stabilire con certezza il luogo di fusione, poiché ognuno copiava l’altro e spesso si acquistavano artiglierie di altri stati, caricate poi con gli stemmi del regno acquirente. In molti casi si commissionava la fusione di un cannone all’estero per poi applicare il proprio stemma. Esistono specifici metodi utili a cercare di risalire all’origine di un cannone e che non si rifanno certo alla misurazioni citate.

9) Visto il periodo storico ipotizzato, allora i cannoni potrebbero anche essere attribuiti al regno spagnolo di Carlo II, all’indomani della fine della rivolta antispagnola (1674-1678);

10) Ricordando che si tratta di pezzi di marina in ghisa in cattivo stato di conservazione, lo stemma sulla cintura di volata del cannone più grosso ( gli altri due non sono mai stati esposti al pubblico) riporta una corona reale di notevole somiglianza con quelle spagnole. Lo stemma della marina sarda o del reggimento “La Marina” riproduceva una corona con aquila e due piccole ancore incrociate, quello ufficiale savoiardo dell’epoca una croce dentro uno scudo. Premesso che l’ancora era tipicamente impressa nei simboli delle artiglierie di marina ( vedi cannoni di Pace), la parte inferiore dello stemma risulta illeggibile, quindi si può solo ipotizzare cosa potesse esser riportato (una ancora, una croce, delle iniziali?). Per la corona con ancora è stato fatto un confronto visibile e molto verosimile con le immagini degli stemmi della Real Marina borbonica e del rgt. Real Marina, che riproducono appunto una corona sormontante un’ancora, di cui sul cannone si nota ancora la parte superiore sotto la corona stessa. I confronti sono stati fatti con alcuni testi di uniformologia, tra cui “L’ Armata del sud” Custodero -Pedone 2003, “Militaria” di G.S. Mazzini- 2006 e la raccolta delle tavole sulla “Marineria” di Diderot- D’ Alemberrt (Libritalia 2002). Al contrario invece, non è possibile visionare le prove ed i confronti circa la presunta croce savoiarda ne altre immagini.

11) L’inchiodatura dei cannoni era un metodo facilmente aggirabile creando un foro subito accanto al focone otturato; opera non certo difficile. Appunto perché i 3 pezzi hanno i foconi liberi e le volate occluse con palle metalliche ficcate e pressate a forza tanto da essere ammaccate, si intende che questa fu un‘azione di autosabotaggio (che tecnicamente si rifà proprio alla volontà di non lasciare al nemico armi intatte ed utilizzabili) più incisiva e non risolvibile. Un altro esempio è visibile presso il castello del SS. Salvatore (già presidio borbonico) in cui vi sono due cannoni, ad occhio da 24 libbre, con la volata occlusa da palle metalliche.

12) L’ inertizzazione è un azione che può riferirsi alla disattivazione di una qualsiasi arma anche non in tempo di guerra, effettuata per motivi di legge relativi alla sicurezza, al commercio ed il collezionismo. Il sabotaggio in tempi di guerra di artiglierie ad avancarica e non, è tutt’ altra cosa. In tempi moderni solitamente si procedeva allo smontaggio degli otturatori o facendo saltare le volate.

13) I genieri e gli artiglieri Duosiciliani erano perfettamente in grado di sigillare, ed occludere artiglierie. Si trattava inoltre di truppe regolari in ritirata ordinata, non sbandati in fuga, che nel caso di torre del Faro e gli altri presidi ebbero tutto il tempo di fare ciò che volevano, poiché a conoscenza dei fatti di Milazzo e del primo ordine di ritiro borbonico nella cittadella dato dal De Clary il 24 luglio 1860. Lo stesso pomeriggio le truppe garibaldine avrebbero attaccato quelle borboniche presso la torre Rizzo e Puntale Pistorio. Decisa una tregua, la notte del 24 quasi tutto l’esercito duosiciliano era riunito presso il piano di Terranova e la Real Cittadella e dislocato negli ultimi avamposti della zona falcata. Il 26 luglio con il patto De Clary- Medici fu sancito il definitivo abbandono borbonico dei restanti presidi di Gonzaga, Castellaccio e torre del Faro con imbarco per la Calabria o il trasferimento presso la zona falcata nei presidi dl don Blasco, Cittadella, batteria della Lanterna e SS. Salvatore. (fonte “Difesa dei soldati napoletani 1860”- Cav. C. Corsi).

14) I cannoni usati come bitte da ormeggio nei moli erano spesso posti non con la volata, come in questo caso, ma con la culatta (ovvero la parte retrostante più massiccia e resistente del cannone) all’insù. Infatti visto il luogo e la posizione del ritrovamento essi erano usati per l’ alaggio delle barche dei pescatori, i quali dato il luogo e l’uso non avevano alcun interesse e motivo di “abbellire” tre ferrivecchi ne effettuare chiusure del genere.

Conclusioni:

Risulta palese che i cannoni non furono usati da Garibaldi, ne è spiegata con ragionamenti logici e concreti la presenza dei pezzi in loco e l’otturazione delle 3 artiglierie. Ma questa è una verità consolidata da tempo, che smentisce le precedenti tesi diffuse ufficialmente e considerate attendibili, via via venute meno insieme alle ultime “ipotesi” che non dimostrano affatto la certa ed inequivocabile appartenenza savoiarda, l’uso garibaldino ecc ne identificano nulla. Quindi si ritiene perfettamente fuorviante ed inutile pensare di utilizzare tali relitti metallici per festeggiare eventi che nulla centrano con le artiglierie in questione. Nel dubbio sarebbe più facile infatti esporre testimonianze comprovatamente certe, evitando sprechi di danari pubblici per erigere monumenti non alla storia, ma a ciò che fa comodo ricordare a tutti i costi, anche a discapito della verità storica. A tal proposito, poiché non è certamente noto agli interessati, si ricorda e si consiglia che basterebbe ripristinare (magari a proprie spese) il monumento a Garibaldi, un tempo sistemato nella omonima piazzetta del Villaggio di Torre Faro e lasciato in rovina negli anni.

Dott. Armando Donato

Comitato Storico Siciliano - Messina

Componente del C. D. dell’ Associazione Amici del Museo di Messina

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