venerdì 23 aprile 2010

Raccolta firme per restituire una via a Maria Teresa, regina delle Due Sicilie



Cari amici, dopo il successo ottenuto con l'intitolazione della piazza di Sciacca a Maria Sofia, il prossimo obiettivo è ripristinare il nome di un'antica via di Riposto una volta dedicata a Maria Teresa, regina delle Due Sicilie e moglie di Ferdinando II, ma che fu modificata tanti anni orsono con "Via Enrico Cialdini".

Dateci una mano inviando una mail al Sindaco di Riposto, Dott. Carmelo Spitaleri, all'indirizzo: sindaco@comune.riposto.ct.it

ed in copia conoscenza:
comitato@comitatosiciliano.org

chiedendo di ripristinare l'antico nome e congedare il generale Cialdini.


Tutte le firme pervenute, saranno pubblicate sul nostro sito.

Di seguito il comunicato.

Scrivo in risposta alla lettera del Sig. Pistorio di Riposto, apparsa su LA SICILIA il 15 marzo 2010, perchè desidero condividere la sua proposta di modificare il nome della via intitolata al generale Cialdini ed invitando tutti nel contempo ad una serena riflessione sui presunti meriti del militare piemontese e se questi siano sufficienti per rappresentare una via a Risposto.

Sono certo che la scelta di dedicare una via ad Enrico Cialdini, causa l'eccessiva enfatizzazione dell'epopea risorgimentale, fu imparziale e troppo frettolosa, per di più avvenuta a scapito di altri personaggi dell'epoca, sicuramente più degni.

Una riflessione seria ed imparziale sulle figure storiche che hanno caratterizzato il nostro passato, oltre a restituire una dignità storica a questa città, sarebbe l'occasione per i ripostesi di conoscere qualcosa in più del loro passato e del periodo storico risorgimentale che, sebbene portò alla cosiddetta Unità, fu foriera di lutti, di veri e propri sterminii, di sangue e di altri abusi, dei quali Cialdini fu certamente uno dei principali autori.

Le brutalità del Generale Cialdini furono talmente eccessive che persino i suoi soldati ne rimasero inorriditi. Ecco cosa scrisse nel suo diario un bersagliere valtellinese e commilitone di Cialdini durante i fatti di Pontelandolfo: "Entrammo nel paese. Subito abbiamo cominciato a fucilare preti e uomini, quanti capitava, indi i soldati saccheggiavano e infine abbiamo dato l’incendio al paese, abitato da circa 4.500 persone... Quale desolazione! Non si poteva stare d’intorno per il gran calore, e quale rumore facevano quei poveri diavoli, che la sorte era di morire chi abbrustoliti, e chi sotto le rovine delle case"

Davide Cristaldi
Comitato Due Sicilie - Sicilia

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Il Comune di Sciacca delibera: Piazza Maria Sofia!



Cari amici,
con immenso piacere vi comunico lo strepitoso successo dell'iniziativa portata avanti dal segretario del CDS-SICILIA, Pino Marinelli, sull'intitolazione di un belvedere a Maria Sofia di Wittelsbach, moglie di Francesco II di Borbone ed ultima regina del Regno delle Due Sicilie.

La mozione presentata dal vice-sindaco Dott. Carmelo Brunetto è stata approvata all'unanimità, facciamo i nostri più vivi complinenti a Pino ed alla dirigenza del comune di Sciacca per aver restituito questo pezzo fondamentale di storia alla nostra gente.

La lapide sarà posta il 27 giugno con una cerimonia ufficiale, prossimamente su questo sito sarà esposto un dettagliato programma.

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martedì 20 aprile 2010

Il Comitato Storico Siciliano parteciperà alla manifestazione contro il museo Lombroso di Torino.


MOBILITAZIONE GENERALE PER LA MANIFESTAZIONE DI TORINO DEL 8 MAGGIO 2010

PROGRAMMA

1) RADUNO ALLE ORE 16 A PIAZZA VITTORIO VENETO (TORINO CENTRO), PARTENZA DEL CORTEO CHE ATTRAVERSERA' VIA PO, PIAZZA CASTELLO, VIA ROMA;

2) A PIAZZA SAN CARLO VERRA' EFFETTUATO UN COMIZIO

3) DOPO IL COMIZIO RIPARTIRA' IL CORTEO PER GIUNGIERE IN VIA PIETRO GIURIA 15 OVE HA SEDE IL MUSEO LOMBROSIANO E DOVE LA MANIFESTAZIONE SI SCIOGLIERA' DOPO AVER RESO OMAGGIO AI RESTI DEI PATRIOTI MARTIRI DEI COLONIALISMO ANGLO SABAUDO.

Segue comunicato stampa.

Martedi 4 maggio 2010 alle ore 11: 30 nella sede del Movimento di Insorgenza Civile, sito in via Sant’Anna dei Lombardi 40 Napoli avrà luogo la conferenza stampa per la presentazione della manifestazione che si terrà il giorno 8 maggio a Torino per protestare contro la riapertura del Museo Lombroso. Presenteranno l’evento il presidente di Insorgenza Civile Nando Dicè, Michele Iannelli di Insorgenza Civile Lazio e Fiore Marro in rappresentanza dei Comitati delle Due Sicilie. "L’idea della manifestazione è nata in seguito alla riapertura del Museo Lombroso di Torino – spiega Michele Iannelli, promotore dell’iniziativa e del corteo - per la quale è stato creato anche un gruppo su Facebook, che ha ottenuto oltre 8000 iscrizioni. Cesare Lombroso teorizzò l’inferiorità della "razza meridionale" che sarebbe stata geneticamente portata alla delinquenza, sulla base di misurazioni di centinaia di resti e di crani prelevati al seguito delle truppe piemontesi che invasero il Regno delle Due Sicilie e massacrarono migliaia di meridionali che si erano ribellati a quell’invasione etichettandoli negativamente con l’epiteto di "briganti". Il museo questo non lo racconta nè fa una lettura critica dell'opera di Lombroso". "Sarà una buona occasione anche per ricordare la colonizzazione subita dal Meridione proprio mentre Torino si prepara ad essere il fulco delle celebrazioni dei 150 anni di unità d'Italia - spiega il presidente di Insorgenza Civile Nando Dicè - La nostra manifestazione a Torino non è dunque semplicemente contro il Museo Lombroso ma è un'occasione per ricordare i nostri veri fratelli che sono morti per salvaguardare la propria libertà e che nel 2011 al Sud non c'è proprio niente da festeggiare. Sfileremo per il capoluogo della regione a guida leghista con i drappi neri in segno di lutto per il Sud. La nostra marcia su Torino sarà il primo atto ufficiale di un impegno preciso dell’intero Meridione: la riconquista di quella libertà perduta e della dignità che ogni giorno si continua a calpestare. Chiediamo la chiusura del Museo Lombroso o quanto meno l'intitolazione del Museo ai martiri del Sud, vittime di un vero e proprio genocidio di cui non si parla abbastanza, con spiegazioni fortemente critiche sugli studi lombrosiani, sala per sala, affinché l'investimento di soldi pubblici del musero sia utile almeno a raccontare la verità storica di allora, incluse le sue mostruose teorie antimeridionali". " Nello specifico i giorni a Torino saranno due, il 7 e l’8 maggio – spiega Fiore Marro, dei Comitati due Sicilie – perché è proprio in occasione della commemorazione dei nostri eroi, dei nostri caduti, che il Comitato delle Due Sicilie propone un momento di raccoglimento nella fortezza di Fenestrelle, che rappresenta la meta che ogni uomo nato a sud del Garigliano deve almeno una volta nella vita vedere, che trasuda dalle sue mura ancora lo strazio che i nostri poveri ragazzi rinchiusi in quel lager dall'esercito sabaudo furono costretti a subire. Per chi c’è stato e può testimoniarlo risulta un luogo dove la sofferenza e la voglia di reagire diventa uno iato inscindibile."

Agenzia del: martedì 20 aprile 2010
Fonte: AGIM

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Presentazione libro "Messina obiettivo strategico" di Armando Donato



Per la prima volta in assoluto sarà trattato dal punto di vista storico-militare il ruolo primario svolto dalla Piazza di Messina durante l'ultimo conflitto mondiale, ruolo altresì determinante per le sorti della guerra in Italia ed Europa, in modo particolare in seguito allo sbarco Angloamericano in Sicilia, di cui Messina era l'obiettivo tattico.

Il volume descrive i nuovi sistemi difensivi attivi e passivi approntati in città, le fasi salienti dello sbarco in Sicilia con i relativi provvedimenti tattici presi dai contrapposti schieramenti per giungere primi a Messina, i molteplici attacchi aerei, navali e sottomarini angloamericani, sino alle ultime fasi della Campagna di Sicilia che videro l’area dello stretto, a tal proposito potentemente difesa da centinaia di artiglierie italotedesche, quale zona di fondamentali operazioni militari sia per attaccanti che difensori, accomunati dall’esigenza rimaria di giungere per primi sulle rive dello stretto e completare i rispettivi obiettivi.La presentazione sarà arricchita da foto e mappe inedite, nonché filmati dell’epoca.


A cura di Armando Donato, responsabile CSS - MESSINA
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martedì 6 aprile 2010

Dubitando ad veritatem pervenimus!


lo stemma di Ferdinando sul cannone da 36 libbre di Pace.
Identificati altri due cannoni borbonici spacciati per inglesi.

La difesa del territorio è sempre stata una primaria necessità comune a qualsiasi nazione. A ciò non venne meno il Regno delle Due Sicilie il quale, come del resto fece in seguito lo Stato unitario Italiano, fortificò e presidiò le coste, le piazze ed i punti sensibili. Infatti già un secolo prima dell’arrivo delle truppe piemontesi e garibaldine sull’isola, il regno aveva provveduto a fortificare il proprio territorio. Nella prima metà del 700 le coste erano carenti di difese e dunque preda di facili incursioni piratesche che infestando tutto il Mediterraneo, attaccavano i navigli commerciali e saccheggiavano paesi e villaggi. Nel 1799 la protezione costiera siciliana fu potenziata con 100 pezzi da 36 e 24 libbre posti in 27 batterie, mentre la Real Marina disponeva di 86 varie navi.


Il cannone da 36 libbre
In tale contesto anche la Piazza di Messina si adeguò fortificando, presidiando e pattugliando le proprie aree costiere, in modo particolare durante significativi ma poco trattati eventi bellici, vissuti dalla Messina borbonica quale assoluta protagonista; ovvero il periodo napoleonico 1800-1815, dei moti rivoluzionari 47-48 e della difesa contro le truppe piemontesi sino al marzo 1861. Nessuna meraviglia dunque nel riscontrare ancora oggi varie e palesi testimonianze militari ascrivibili al più che secolare periodo borbonico, spesso obliterate o vittime di errate e fuorvianti attribuzioni. A tal proposito è dunque necessario ripristinare la verità circa altri cannoni rinvenuti nel litorale di Pace - Contemplazione parecchi decenni addietro, restaurati ed esposti sul relativo lungomare. Infatti tali ben visibili artiglierie, da sempre attribuite alla marina inglese e come tali considerate da presunti esperti e studiosi locali, sono in realtà cannoni in ghisa ad avancarica da 36 libbre della Real Marina borbonica, fusi nel 1789 e 1791 ed armati esclusivamente nelle batterie inferiori dei vascelli. L’ evidente stemma posto innanzi al focone, composto da corona ed ancora sormontata dalle iniziali FR (Ferdinando Rex, cioè Ferdinando IV), non lascia alcun dubbio.


Il cannone più grosso tra i tre, di metà 700, rinvenuti a Capo Peloro, dotato di stemma spagnolo
Le diverse date di fabbricazione si rifanno al progetto (1780) di istituire una grande flotta di vascelli e le successive fusioni dei cannoni in base al varo delle navi. Il ritrovamento sulla spiaggia indica il frequente uso in difesa costiera di cannoni appartenenti a navi in disarmo, in questo caso forse sistemati in batteria a pelo d’acqua nei pressi di un fortilizio del XIV°sec. sede di un posto fisso borbonico, comandato dal 1803 al 1805 dall’ alfiere La Scala e rafforzato nel 1810 da una batteria e vari trinceramenti ad opera degli alleati inglesi. Nel 1806 a Messina fu inoltre decisa l’edificazione di un grande arsenale di artiglieria e nel 1808 oltre 500 artiglieri litorali insieme a truppe inglesi sorvegliavano i vari punti sensibili.


Stemma spagnolo cannoni di Capo Peloro

Tuttavia una delle ipotesi che giustificherebbe la presenza di tali grossi cannoni navali in loco è quella descritta in una lettera di M. C. Allegro nel giugno 1848, anno dei moti rivoluzionari contro le truppe regie, a Messina ritiratesi nella zona falcata dopo aver lasciato gli altri presidi. Essa racconta di due cannoni da 36 libbre sottratti dai rivoltosi all’arsenale borbonico durante una sortita notturna e posti nei pressi del luogo del ritrovamento. In base a tale ipotesi, col successivo fallimento dei moti, la riconquista borbonica della città e la fuga dei rivoltosi verso Palermo, i cannoni potrebbero essere stati abbandonati sul posto, rimessi in batteria dall’esercito borbonico e dunque lasciati prima dell’arrivo delle truppe garibaldine nel luglio 1860. Ipotesi a parte, il dato storico fondamentale ed incontrovertibile che emerge è quello relativo al fatto che i cannoni di Pace non sono inglesi ma borbonici. Considerata la rarità del modello e le buone condizioni nonostante l’ esposizione alle offese del tempo senza alcun intervento di manutenzione, sarebbe opportuna la collocazione in un apposito museo a tema, così come per i cannoni di C. Peloro e quelli meno conosciuti da 24 libbre attualmente visibili presso il castello del SS. Salvatore, già presidio duosiciliano.

Armando Donato
Responsabile CSS - Messina


si ringraziano Luigi Ombrato, Franz Riccobono, Salvatore Cavalli, Giovanni Arigò.

E’ vietata la riproduzione anche parziale del testo, nonché la diffusione delle notizie e delle foto riportate, ai sensi della Direttiva 2001/29/CE recepita in Italia con D.lgs del 9 aprile 2003 n. 68

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