sabato 24 ottobre 2009

Fu Garibaldi il primo a trattare con la Mafia


(Garibaldi e Mazzini con aureola in testa intenti a lavorar di compasso, stampa del'800)

Da sempre in Italia, i cassetti segreti si aprono per due motivi: quando è passato così tanto tempo da renderne il contenuto inoffensivo oppure per usare tali contenuti come arma contro l'avversario politico.
La recente riesumazione del "Papello" sembrerebbe portare verso la seconda ipotesi.

Secondo alcuni quotidiani la lista contenente una serie di richieste mafiose allo Stato, rappresenterebbe la prova di una trattativa intercorsa tra Stato e Mafia.
Ma nel '92 si verificò un caso isolato oppure in precedenza vi furono altre trattative con la criminalità organizzata?

Quando sui grandi quotidiani italiani è stato trattato l'argomento Garibaldi, per giustificare gli aspetti poco chiari e controversi dell'unificazione nazionale, si è scritto che: "visti i tempi erano necessarie misure urgenti" oppure "urgeva fare l'Italia ad ogni costo" ed ancora "a mali estremi, estremi rimedi"....
Insomma per i media nazionali, le cattive azioni di Garibaldi e Cavour sono da assolvere e giusticare.

Tra le "giustificazioni" ve ne sono alcune degne di nota che i Professoroni del Risorgimento mettono semplicisticamente e irresponsabilmente in secondo piano come ad esempio la liberazione coatta di tutti i criminali rinchiusi nelle carceri palermitane e napoletane senza distinzione di pena, in quanto "essendo imprigionati dai Borbone, erano per forza innocenti".

Ma la vicenda più torbida dell'Unità d'Italia, sui cui spesso storici e giornali conformisti hanno volutamente chiuso gli occhi, è stato quando le forze garibaldo-piemontesi, anziose di assicurarsi al più presto il controllo definitivo delle Due Sicilie, stipularono degli accordi con la criminalità siciliana a napoletana(che allora non era organizzata) concedendo ai vari capi bastone diversi posti nelle istituzioni.
Fu così che personaggi noti per le loro azioni criminali alla polizia borbonica divennero prefetti, capi della guardia nazionale, poliziotti, politici ecc.ecc. mentre criminali comuni assassinavano i dipendenti pubblici allo scopo di prenderne il posto.Completava il bel quadretto la classe politica piemontese faceva finta di non vedere, se non era direttamente implicata.

Quello fu il momento in cui la criminalità di istituzionalizzò, assumendo il carattere organizzato che oggi la denota.

Fatta questa lunga premessa, abbiamo immaginato per un'attimo cosa sarebbe successo se Falcone e Borsellino fossero vissuti ai tempi di Garibaldi e se il giornalista Alfano ed il generale Dalla Chiesa fossero stati assassinati quando Cavour era ancora vivo, sicuramente avremmo letto nelle pagine dei giornali dell'epoca frasi del tipo: "è normale se durante il processo unificatorio in corso non tutto fila liscio, soprattutto in questi primi anni in cui vi sarà un assestamento"

Ma un Falcone fu ucciso davvero dalla mafia nel 1893, si chiamava Emanuele Notarbartolo, già presidente del Banco di Sicilia e sindaco di Palermo, spese la sua carriera politica nella lotta alla corruzione.Fu ucciso con 27 coltellate dai mafiosi Matteo Filippello e Giuseppe Fontana, su mandato pare del deputato colluso Raffaele Palizzolo. Tale omicidio venne considerato il primo delitto di mafia.
E' inutile aggiungere che sfogliando i più autorevoli giornali e testi sulla storia del Risorgimento e dell'Unità d'Italia, questo importante delitto non viene mai citato se non, in alcuni casi, superficialmente.

Le trattative e gli accordi che all'epoca furono stipulati con la mafie, dunque oggi verrebbero definiti "necessari"; ma in realtà tutta questa faccenda è una dannata storia di interessi politici. E ciò è dimostrato dal fatto che la questione del Papello e della trattativa è stata tirata fuori soltanto adesso e non certo per fare finalmente chiarezza sui rapporti secolari tra la criminalità organizzata ed una parte dell'apparato statale.

Se i primi attacchi frutto delle nuove rivelazioni mafiose sono andati stranamente contro esponenti della sinistra (Mancino e Violante), oggi si leggono invece attacchi contro esponenti della destra (Dell'Utri e Berlusconi)
Un attacco (stranamente) bipartisan?

Per rispondere credo sia necessario cambiare domanda: A chi interessa spodestare sia la sinistra che la destra dalla Sicilia(e dunque dall'Italia)?

Una risposta efficace forse ce l'ha data Beppe Grillo che qualche giorno fa si è lasciato andare in una dichiarazione sensazionale nel suo articolo Smemorati di Mafia: "Basta con la commedia, la Sicilia si dichiari indipendente"

E chi ci legge sa a quale movimento politico oggi Grillo è vicinissimo.

PER APPROFONDIMENTI:

- Trattativa riservata - Il Consiglio dell'Abate Vella, 23 ottobre 2009


- La prossima Tangentopoli? Partirà da via D'Amelio - Comitato Due Sicilie/SICILIA, 9 ottobre 2009

[Leggi tutto...]

martedì 13 ottobre 2009

Storia, il Nord voleva una "Guantanamo" per la gente del Sud

(la Patagonia)

Segnaliamo dalla Gazzetta del Mezzogiorno questo importante studio sui campi di prigionia che i piemontesi tentarono di istituire nelle lande più desolate del globo.

Fortunatamente ciò non avvenne perchè trovarono modo di internare a Fenestrelle, nel vicino Piemonte, i fedelissimi del disciolto esercito borbonico.

di MARISA INGROSSO

Per battere il brigantaggio, i piemontesi volevano aprire una «Guantanamo» in cui deportare tutti i meridionali. Le prove sono contenute nei Documenti diplomatici conservati presso l’Archivio storico della Farnesina e scovati dalla «Gazzetta».

Per quasi dieci anni, fino almeno al 1873, il Governo italiano le tentò tutte pur di avere un lembo di terra dalle potenze straniere per internare i meridionali ribelli. Subito chiese agli inglesi di impiantare una colonia di deportazione nel Mar Rosso. Trovando però le prime difficoltà, il 16 settembre 1868, il presidente del Consiglio e ministro degli Esteri, Luigi Federico Menabrea, si rivolse al ministro a Buenos Aires, della Croce, perché sondasse la disponibilità del Governo argentino a cedere l’uso di un’area «nelle regioni dell’America del Sud e più particolarmente in quelle bagnate dal Rio Negro che i geografi indicano come limite fra i territori dell’Argentina e le regioni deserte della Patagonia».

Secondo Menabrea (che era nato nell’estremo Nord Italia, a Chambéry, oggi in territorio francese), la «Guantanamo dei meridionali» doveva sorgere in terre «interamente disabitate».
Il 10 dicembre di quell’anno, Menabrea diede anche istruzioni all’agente e console generale a Tunisi, Luigi Pinna, di «studiare la possibilità di stabilire in Tunisia una colonia penitenziaria italiana».

Il tentativo fallì per l’opposizione dei tunisini e allora i Piemontesi tornarono alla carica con gli inglesi. Obiettivo: spuntare l’autorizzazione a costruire un carcere per i meridionali sull’isola di Socotra (che è al largo del Corno d’Africa, tra Somalia e Yemen) oppure, quantomeno, avere il loro appoggio affinché l’Olanda concedesse analoga autorizzazione nel Borneo.

Il 3 gennaio 1872 il Governo inglese però fece sapere di non vedere di buon occhio il progetto piemontese di fare «uno stabilimento penitenziario» nel «Borneo o in un altro territorio dei lontani mari». E il 3 maggio, il lombardo Carlo Cadorna, ministro a Londra, scrisse al ministro degli Esteri, Emilio Visconti Venosta (milanese e mazziniano della prima ora; nella foto a sinistra), che era stata bocciata «la richiesta italiana di acquistare l’isola di Socotra come colonia penitenziaria».
Il 20 dicembre di quell’anno anche l’Olanda espresse i suoi timori: i deportati meridionali avrebbero potuto evadere mettendo a rischio i suoi possedimenti nel Borneo.

Intanto, le carceri dell’Italia Unita traboccavano di meridionali e i briganti continuavano a combattere. L’11 settembre 1872, il “Times” pubblicò una lettera giunta da Napoli che metteva in luce la recrudescenza del brigantaggio in Italia. Il “Times” ci aggiunse un articolo di fondo in cui non si risparmiavano sferzate ai Piemontesi per l’incapacità di «eradicare completamente una così grave piaga».

È PEGGIO DELLA FORCA
Convinto che la paura della deportazione in terre lontane avrebbe spaventato i meridionali più di qualunque tortura e perfino della morte, il ministro degli Esteri, Visconti Venosta, decise di mettere alle strette gli inglesi. Il 19 dicembre 1872, a Roma, incontrò il ministro d’Inghilterra Sir Bartle Frere e gli parlò chiaro. Il suo discorso è ancora agli atti, negli Archivi della Farnesina. Disse: «Se ci ponessimo in Italia ad applicare la pena di morte con un’implacabile frequenza, se ad ogni istante si alzasse il patibolo, l’opinione e i costumi in Italia vi ripugnerebbero, i giurati stessi finirebbero o per assolvere, o per ammettere in ogni caso le circostanze attenuanti».

«Bisogna dunque pensare - disse il ministro della neonata Italia - ad aggiungere alla pena di morte un’altra pena, quella della deportazione, tanto più che presso le nostre impressionabili popolazioni del Mezzogiorno la pena della deportazione colpisce più le fantasie e atterrisce più della stessa pena di morte. I briganti, per esempio, che sono atterriti all’idea di andar a finire i loro giorni in paesi lontani, ed ignoti, vanno col più grande stoicismo incontro al patibolo».

Sir Bartle Frere prese tempo ma i piemontesi non si arresero. È del 3 gennaio 1873 un documento confidenziale in cui Cadorna ragguaglia Visconti Venosta sul colloquio avuto col Conte Granville relativamente alla «cessione di una parte della Costa Nord Est dell’isola di Borneo». Il rappresentante del Governo italiano disse al ministro degli Esteri inglese che i briganti «avvezzi a mettere la loro vita in pericolo, resi più feroci dalla stessa lor vita, salgono spesso il patibolo stoicamente, cinicamente (esempio tristissimo per le popolazioni!). Invece la fantasia fervida, immaginosa di quelle popolazioni rende ad essi ed alle loro famiglie terribile la pena della deportazione. In Italia, e massime nel Mezzodì, ove è grande l’attaccamento alla terra, ed al proprio sangue, il pensiero di non vedere più mai il sole natale, la moglie, i figli, di passare, e finire la vita in lontano ignoto paese, lontani da tutto, e da tutti, è pensiero che atterrisce».
Granville però fu irremovibile: l’Inghilterra non avrebbe aiutato l’Italia a deportare i Meridionali.

MIGLIAIA IN CARCERE
Ma quanti erano i detenuti del Sud che marcivano nelle galere italiane? Secondo la rivista «Due Sicilie» (bimestrale diretto da Antonio Pagano), un’indicazione si trova in una lettera del savoiardo Menabrea, al ministro della Marina, il nizzardo Augusto Riboty. Menabrea sostiene che sarebbe stato «utile e urgente» trovare «una località dove stabilire una colonia penitenziaria per le molte migliaia di condannati» che popolavano gli stabilimenti carcerari.

A proposito della Marina militare, la Forza armata si prestò ad esplorare una serie di luoghi adatti alla deportazione dei meridionali. Il Borneo e le isole adiacenti, innanzitutto. ma anche - secondo documenti pubblicati da «Due Sicilie» - «l’est dell’Australia».

[Leggi tutto...]

venerdì 9 ottobre 2009

La prossima Tangentopoli? Partirà da via D'Amelio



Da un pò di tempo si notano delle vistose incrinature sui muri di cinta di quella che doveva essere una fortezza solida ed inespugnabile: se nel corso di questa estate la tenacia dell'assedio sembrava allentarsi, ciò era avvenuto per la stagione particolarmente afosa che, come tutti gli anni, distrae l'opinione pubblica dalle vicende politiche del Bel Paese.
A settembre gli attacchi verso il PDL, sempre più gigante dai piedi di argilla, sono tornati a farsi vigorosi e le elezioni anticipate che a giugno erano probabilità, oggi appaiono quasi certezza.

Prima delle ferie estive eravamo rimasti agli scandali berlusconiani di Noemi e Villa Certosa, i quali avevano creato non pochi problemi all'immagine del Premier, soprattutto alla luce dei risultati non performanti alle elezioni europee.

Ma una nuova tegola, stavolta molto più grossa e pericolosa, sta in bilico sulla testa di Berlusconi: si tratta della famosa agenda rossa che secondo alcuni conterrebbe delle annotazioni compromettenti per lo Stato.Da qualche giorno si sentono i sussurri di autorevoli trasmissioni televisive (tra cui AnnoZero) o di manifestazioni pubbliche ed influenti testate giornalistiche, che negli anni '90 vi sarebbe stato una sorta di accordo o trattativa tra i vertici dello Stato e la Mafia.

Appare chiaro che se ciò dovesse essere vero (e noi sappiamo che è vero) avverrebbe una sorta di piccola rivoluzione francese con conseguente decapitazione politica degli attuali governanti, anzi di quasi tutta la classe politica.
Proprio come avvenne per Tangentopoli nel 1992, che poi (sarà un caso?) è lo stesso anno della strage di Via d'Amelio.

A parte la coincidenza delle date, se si dovesse dimostrare un effettivo coinvolgimento dello Stato come sembra stia per accadere, ciò porterà inevitabilmente ad uno sfaldamento dai risvolti imprevedibili e l'opinione pubblica, come in Tangentopoli, reclamerà le teste dei politici.

Prima di continuare sorge spontanea una domanda: Ma perchè l'affare dell'agenda rossa non è saltato fuori quando al governo c'erano il PD e Di Pietro?

In realtà lo sappiamo tutti che una parte dello Stato con la Mafia ci fa affari da sempre, persino Garibaldi non appena sbarcato nelle Due Sicilie liberò i criminali dalle galere di Palermo e Napoli, dando loro il compito di garantire l'ordine pubblico. Ladri, delinquenti e criminali divennero prefetti, ispettori, capi della Guardia Nazionale, in un orgia di misfatti e prevaricazioni dove si assassinavano gli impiegati pubblici per prenderne il posto.

Ecco perchè, come più volte abbiamo detto, la data di nascita della mafia per noi corrisponde al giorno dello sbarco di Garibaldi a Marsala.Persino gli americani si servirono della Mafia, fino all'Unità d'Italia inesistente nella sua struttura organizzata, durante lo sbarco in Sicilia nella seconda guerra mondiale.

Pochi minuti dopo l'assassinio del giornalista anti-mafia Alfano, padre della Sonia oggi impegnata politicamente, un nucleo speciale delle forze armate perquisì inspiegabilmente la sua casa portando via dei documenti; oppure come non ricordare l'arresto di Bernardo Provenzano il giorno stesso in cui la sinistra vinse le penultime politiche?

Ed ancora. Le famose passeggiate di Nitto Santapaola in Via Etnea a Catania, quando era ufficialmente latitante?

Nel nostro articolo "Sta per nascere il Partito del Sud, tra trappole ed insidie" abbiamo parlato delle riunioni londinesi del Council of Foreign Relations Europe nella cui lista dei membri si leggono i più influenti politici europei, tra cui i nostri Leoluca Orlando(IDV), Gianfranco Fini (PDL), Massimo D'Alema (PD).
In tale Istituto si suggeriscono le politiche che i singoli membri devono adottare al loro paese, non è escluso dunque che proprio li vengano studiate le strategie per abbattere l'attuale governo. Non dimentichiamo che attacchi davvero pesanti sono arrivati proprio da giornali inglesi conseguentemente ripresi da quelli italiani.
Lo stesso Di Pietro è stato più volte intervistato dal Times e nel corso di una delle interviste ha dichiarato che "Berlusconi cadrà come Saddam Hussein"(1)

Tra tutte le coincidenze citate in precedenza ve n'e una in particolare: oggi come nel 1992 sembra esserci ancora Antonio di Pietro alla guida della rivoluzione, che con il suo partito ha assunto una forte connotazione anti-mafia.
Sono tutte iniziative dell'Italia dei Valori, le manifestazioni avvenute ultimamente come quella a Roma dell' Agenda Rossa, senza dimenticare che l'affare del block notes di Borsellino è stato largamente trattato da Marco Travaglio (giornalista molto vicino all'IDV) nella trasmissione AnnoZero.
Nemmeno deve apparire strano che De Magistris(IDV) si sia dichiarato favorevole alla Costituzione Europea, suscitando le proteste dei suoi sostenitori, tant'è che sulla sua pagina di Facebook è stato costretto a spiegarne i motivi.

Quanto a Fini, ormai rappresenta un'enclave dell'opposizione all'interno del PDL, ha deciso di eseguire quanto concordato all'interno del Council of Foreign Relations, a giudicare dai contrasti continui con Berlusconi. E' incredibile infatti come gli ideali di Fini siano passati in così poco tempo da destra a sinistra.

Tutte queste storie ci fanno capire che oggi è necessario un impegno forte per la questione dell'identità e per l'autonomia dei popoli (come peraltro stanno già facendo in Irlanda ed in altri paesi) oggi seriamente compromessi dalla recente approvazione della Costituzione Europea (che purtroppo reintroduce, seppure in alcuni casi la pena di morte) e da quei Poteri come i poco noti Istituti per le relazioni Internazionali che si servono dell'Emiciclo per privare gli europei di quei diritti fondamentali che sono stati conquistati nel corso dei secoli.
Ciò che vogliono fare queste Forze si capisce facilmente: la pianificazione di una dittatura, che tolga ogni potere decisionale alle Nazioni e controlli direttamente il cittadino (fisco, diritto penale, trasporti, politica energetica, sanità pubblica, cambiamento climatico ecc.ecc.)

Le elezioni al Parlamento UE da oggi diventano importantissime, è stata una pessima mossa da parte dell'attuale governo di apporre gli sbarramenti elettorali per le europee: infatti paradossalmente chi ha impedito l'accesso all'Emiciclo ad alcuni partiti, che pur in disaccordo, avevano messo in primo piano il rispetto dei diritti e dell'autonomia dell'individuo, si è trovato ad avere guai ben più peggiori in casa ed adesso rischia l'implosione.

(1) Repubblica, 19 settembre 2009

[Leggi tutto...]

giovedì 1 ottobre 2009

L'acclamazione di Garibaldi in Inghilterra e l'appoggio massonico ai Mille


Una folla oceanica acclama Garibaldi a Trafalgar Square - Londra
Tra il 3 ed il 27 aprile del 1864, Garibaldi visita l'Inghilterra, anche se in passato vi si era recato già 3 volte.
Durante la sua permanenza, ricevette la visita del Principe del Galles e quella di importanti politici inglesi tra cui il primo ministro Palmerston. Mentre la regina Vittoria non volle vederlo.
A Garibaldi fu conferita la cittadinanza onoraria londinese.
Il nizzardo fu ricevuto in pompa magna dagli inglesi e le cronache dell'epoca narrano di una partecipazione mai vista, tant'è che molti si stupirono considerata la proverbiale freddezza del popolo inglese.
L'illustrazione del corteo di Garibaldi a Trafalgar Square (11 aprile 1864) descrive efficacemente l'importanza di quell'evento.
Dopo 24 giorni di permanenza, seguendo il consiglio dei medici preoccupati per la sua forma di artrite, si reimbarcò alla volta di Caprera.

Ecco comunque come ringraziò Garibaldi i vertici della massoneria italiana, che avevano nel capoluogo piemontese la loro sede nazionale, per averlo nominato Gran Maestro della Loggia di Sicilia:

"Torino, 20 marzo 1862 E:. V:. Ill:. ffr:. Assumo di gran cuore il supremo ufficio di capo della Mass:. It:. costituita se:condo il rito scozz:. rif:. ed accet:. Lo assumo perche mi viene conferito dal libero voto di uomini liberi, a cui devo la mia gratitudine non solamente per l'espressione della loro fiducia in me nello avermi elevato a così altissimo posto, quanto per l'appoggio che essi mi diedero da Marsala al Volturno, nella grande opera dello affrancamento delle province meridionali. Codesta nomina a G:. M:. è la più solenne interpretazione delle tendenze dell'animo mio, de' miei voti, dello scopo cui ho mirato in tutta la mia vita. Ed io vi dò sicurtà, che mercè vostra e colla cooperazione di tutti i nostri ff:. la bandiera d'ltalia, ch'è quella dell'umanità, sarà il faro da cui partirà per tutto il mondo la luce del vero progresso. Che il G:. A:. dell'U:. spanda le sue benedizioni su tutte le LL:. e che ci guardi sempre con occhio propizio e ci continui le sue grazie il nostro divino protettore S. Giovanni di Scozia.
Abbiatevi il bacio fr. G. Garibaldi"

[Leggi tutto...]