lunedì 16 settembre 2013

"Conversando con Beneventano del Bosco", convegno sul generale borbonico a Milazzo.



MILAZZO - Il 19 ottobre 2013 alle ore 17.30 presso il Duomo Antico del Castello, si svolgerà il convegno sulla figura storica del Generale palermitano Ferdinando Beneventano del Bosco, ideato e presentato dal Cav. Prof. Salvatore Italiano del Sacro Militare Ordine Costantiniano con il Patrocinio del Comune di Milazzo e la partecipazione dell’Associazione Nazionale ex Allievi Nunziatella. 



Introdurrà i lavori il sindaco di Milazzo Avv. Carmelo Pino, interverranno i relatori: Dott.Umberto Corapi, il Cav. Dott. Pietro Beneventano del Bosco, Barone di Monte Climiti (discendente del generale), il Prof. Giuseppe scianò, il Cav. gr. Cr. nob. Dott. Antonio di Janni.



Un’occasione unica per osservare la Storia senza le distorsioni e le mistificazioni dell’epopea garibaldina, per apprendere da interessanti documenti inediti come andarono realmente le cose nel 1860.

In data da definirsi sarà intitolata una via all'ufficiale borbonico.



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martedì 16 luglio 2013

I° Festa della Fedeltà Legittimista Etnea - Catania 27 luglio 2013

Dopo il 1° Tour Borbonico di Catania che si è tenuto nell'estate del 2011, la città etnea torna protagonista per una nuova iniziativa di stampo duosiciliano, il 27 luglio 2013 infatti  gli appassionati di storia borbonica e del Regno delle Due Sicilie, si ritroveranno nuovamente alle pendici dell'Etna.
Questa volta, organizzatore della manifestazione, è l'Associazione "Officina667" di Placido Altimari, a cui hanno aderito immediatamente l'associazione culturale "Comitato Storico Siciliano", la "Rete delle Associazioni delle Due Sicilie" ed il Gruppo Facebook "Sicilia Borbonica", che da anni raduna sui social network estimatori ed appassionati del periodo borbonico siciliano.
Di seguito il programma della giornata a cui sono invitati amici e simpatizzanti da dentro e fuori Sicilia:

PIZZA FERDINANDEA
AL FORTE FERDINANDEO

Catania
27 luglio 2013
I° Festa della Fedeltà Legittimista Etnea
PROGRAMMA

- ORE 17:30 - Raduno sutta a "Funtana o' Linzolu" (PIAZZA DUOMO) ;
- Omaggio agli nostri eroi della libertà siciliana: federico III e sant'agata;
- Catania terremotata: passeggiata fra le magnificenze della memoria e della rinascita;
- Pizza sotto le mura del Castello Ursino (Già Forte Ferdinandeo) sede del parlamento del regno nel XIV secolo.

E' gradita conferma della partecipazione a Placido Altimari che può essere inoltrata tramite l'evento Facebook che è stato creato per l'occasione.

Vi aspettiamo numerosi!

Davide Cristaldi

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sabato 2 marzo 2013

152° Anniversario dell'eroica difesa della Real Cittadella di Messina

MESSINA - L'assedio alla Real Cittadella, una pagina gloriosa del nostro passato volutamente cancellata dalla storiografia ufficiale, verrà ricordata nelle giornate del'9 e 10 marzo presso il capoluogo Peloritano.
La rete delle Associazioni delle Due Sicilie sarà per la prima volta tra gli sponsor dell'evento borbonico più importante della Sicilia, che si tiene ormai da diversi lustri.


Il programma prevede nella giornata del 9 marzo l'omaggio floreale alla statua di Ferdinando II ed una conferenza che avrà come titolo "La Real Cittadella di Messina: passato e prospettive di recupero e valorizzazione"

Il 10 marzo saranno ricordati i caduti con una Messa presso la Chiesa di S.Caterina V. e M.  La giornata si concluderà con la visita alla Real Cittadella dove, presso il Bastione S.Stefano,  si svolgerà  la commemorazione e la deposizione delle corone di fiori.
Sarà presente per l'occasione l'Istituto di ricerca storica delle Due Sicilie, nelle persone del presidente Cav. Giovanni Salemi, il giornalista Roberto della Rocca, Giancarlo Rinaldi e lo scrittore Fernando Riccardi.

Davide Cristaldi

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Dal Separatismo Siciliano al Parlamento Italiano: la politica come opportunismo per arrivare al potere

Francesco Crispi al parlamento italiano
CATANIA - Le rivolte avvenute in Sicilia negli anni immediatamente successivi all’unità d’Italia ebbero una matrice borbonico-clericale e repubblicana, ma non separatista, avendo quest’ultima parte trovato appagamento politico nella compiuta Unità, come si legge nelle varie ricostruzioni dell’epoca.

Tra i fautori della rivolta di Castellammare del 1862, cito come esempio Francesco Mistretta Domina, già direttore dei dipartimenti di Grazia e Giustizia, Luogotenenza di Sicilia, morto ad Alcamo nel dicembre del 1862.

Ancora nella rivolta del 1866 era convinzione comune tra il popolo, che presto sarebbe tornata la dinastia borbonica, tant’è che a Palermo si era sparsa la voce dell’imminente sbarco della flotta regia capeggiata dal colonnello dell’esercito borbonico Ferdinando Beneventano del Bosco palermitano (divenuto famoso per le sue gesta eroica contro i garibaldini)

“Intanto in città tutti sanno che è giunta una flotta e quantunque moltissimi possano vederla e riconoscerla, pure si sparge la voce che è la flotta inglese con a bordo un principe di casa Borbone.Altri dicono che è precisamente il principe Carlo residente a Londra ed ha con se truppe spagnuole comandate dal Generale Bosco” (V. Maggiorani, Il sollevamento della plebe di Palermo)
Nelle ricostruzioni agiografiche risorgimentali riguardanti la Sicilia, le viene spesso affidato un ruolo di secondo piano, se non addirittura messa in disparte, mentre in realtà è stata la grande protagonista e vera ispiratrice delle rivolte ottocentesche in Sicilia, sto parlando della classe baronale siciliana.
Accusata dal regio governo borbonico di esercitare privilegi principeschi di cui si riteneva indebitamente depositaria, di vessare e sfruttare i lavoratori della terra, il comportamento della Casta Baronale siciliana, fu involontariamente tra le cause per la quale la Sicilia, regione da sempre a forte vocazione agricola, nel 1861 aveva il record italiano del numero di occupati nell’industria in proporzione ai contadini (Francesco Saverio Nitti).
La reazione baronale, sfociò come è noto delle rivolte del 1848 e del 1860, servendosi peraltro degli stessi protagonisti politici che,  come verrà dimostrato più avanti, furono presenti e fondamentali nel processo di integrazione della Sicilia nella realtà italiana.
Farà comodo conoscere, per capire meglio le dinamiche che si svolsero in quegli anni, la lettera di lodi che Ruggero Settimo, noto traditore (era un ex ammiraglio dell’esercito borbonico) e protagonista dei moti del 1848, scrisse a Giuseppe Garibaldi:
“Illustrissimo Signore!
In questo giorno solenne, in cui la Sicilia è chiamata a compiere la costituzione dell’Italia, mi duole di non poter anch’io personalmente deporre nell’urna il voto per l’annessione al regno costituzionale del re Vittorio Emanuele e i suoi discendenti.
Ma non saprei neanco asternermi dallo esprimere il mio assentimento a questo stupendo fatto, che, formando l’Italia forte, indipendente e libera, assicura nel tempo istesso, la libertà e la prosperità dell’isola nostra.
Ora che i tempi sono maturi perchè la famiglia italiana riunisca in uno i suoi membri e tutte le sue forze, consumate soltanto in lotte fratricide, sarebbe strano il persistere in aspirazioni ed idee convenienti ad altre circostanze e a tempi andati.
Nelle molte vicissitudini della mia lunga vita ho la coscienza di aver voluto agire senza alcun personale riguardo, e soltanto per il bene della mia patria.
Colla stessa coscienza presento a lei questo mio voto, che spero sia conforme a quello di cotesti miei cittadini e di tutta la Sicilia.
Passo a rassegnarmi.
Malta, 21 ottobre 1860
Devotis. ed obb. servo
RUGGIERO SETTIMO”
Per suffragare la tesi che i protagonisti del separatismo del ’48 e del’60 fecero carriera politica nel neonato stato italiano abbracciandone l’ideale, cito una frase di Giovanni Gentile:
“Rarissini erano quelli che, come Lionardo Vigo, mantennero ferma, pur dopo il ’48 ed il ’60 la loro stretta fede autonomista ed ancora nessuno mormorò e brontolò contro il fatto compiuto come il Vigo, che è uno di certo dei rappresentanti più caratteristici della cultura siciliana di quel periodo”.
Ristretti erano d’altronde i margini di manovra della piccola elite di ideologi siciliani, realmente e totalmente aderenti ad una “Sicilia indipendente” di cui faceva parte a pieno titolo il Lionardo Vigo.
Anticlericale incallito (“nella nostra società la barbarie sono i Preti”) dopo l’Unità d’Italia scrive a Francesco Crispi:
“Non basta alla povera Sicilia avere imposta 40 anni la legge napolitana, buona o trista; deve ora sentire la voce di un altro padrone tricolorato, deve sentire ora una voce più lontana?”
Ma il politico di Ribera, è l’interlocutore sbagliato: noto traditore, ex rivoluzionario garibaldino di fede mazziniana divenuto presidente del Consiglio del Regno d’Italia, Francesco Crispi si rese famoso per aver represso nel sangue il movimento dei Fasci Siciliani.
Nel Parlamento Italiano,  gli unici che mantennero nei loro ideali il lume dell’Autonomia furono i cattolici Emerico Amari ed il barone D’Ondes Reggio, anch’essi protagonisti nei moti del ’48 e del ’60. Peraltro costoro non facevano parte di una “corrente regionista” esclusivamente sicula (di cui oggi alcuni storici suppongono, esagerandola, l’esistenza) ma federalista in generale.
I due politici, tra la folta pattuglia dei deputati siciliani, rappresentavano un’ assoluta minoranza, per dirla breve erano solo in due (D’Ondes Reggio si ritirò dalla politica a seguito dell’invasione dello Stato Romano, mentre l’Amari rimase deputato appena un anno) a tenere alto il vessillo del Regionismo.
D’altronde la prova che il movimento regionista non fu mai ne trasversale ne strutturalmente organizzato è che, pur essendo tantissimi i separatisti sessantunini e quarantottini siciliani andati al governo, la Sicilia dopo l’unità d’Italia perse anche quelle prerogative autonomistiche, che invece i Borbone avevano sempre preservato.
Di più, gli stessi separatisti divenuti unionisti spensero ogni residuo focolaio autonomista, come fece appunto il Crispi.
“…Le realistiche prese di coscienza di alcuni liberali, citiamo tra tutti Michele Amari, che con il loro progrediente unitarismo misero in minoranza gli irriducibili federalisti come Emerico Amari” (G. Bentivegna, Filosofia civile e diritto comparato in Emerico Amari)
D’altronde già nel 1848, lo stesso Leonardo Vigo deputato nel parlamento rivoluzionario di Palermo, ebbe di che lamentarsi nei confronti dei colleghi parlamentari:
“La maggioranza a modo di gregge seguiva gli italici demagoghi o sogni d’inferno della combinazione della Sicilia con l’Italia, elevando Roma a capitale. Occorreva trarre la Sicilia dalla servitù di Napoli, ma senza farla serva di Roma o Torino. A quei Donchisciotti politici, a quei maniaci demagoghi italici che lavorano per l’annessione avrebbero preparato il ritorno di Ferdinando”
Così,nella seduta del 26 luglio, quando il Vigò sentì dire che la Sicilia avrebbe dovuto adottare la lira, balzò in piedi furente (siamo sempre nel 1848) urlando:
“Se la Lombardia e la Venezia adottarono la moneta piemontese ne ebbero ben ragione, perchè formeranno in avvenire un sol regno; ma non può altrettando dirsi per la Sicilia, la quale dovrà avere la moneta propria”
(C. Cosentino, Lionardo Vigo Acireale, la Sicilia)

Davide Cristaldi


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domenica 3 febbraio 2013

Presentato a Giarre(CT) il libro 'Menzogne e Misfatti dell’Unità d’Italia' di Fernando Mainenti


Su iniziativa dell’Associazione turistica “Pro Loco” di Giarre, presieduta da Salvo Zappalà, è stato presentato nel “Salone degli Specchi” del Comune – informa una nota stampa – il libro 'Menzogne e Misfatti dell’Unità d’Italia' di Fernando Mainenti, con prefazione della senatrice Anna Finocchiaro; relatore, l’architetto Salvo Patanè. Lo scrittore Mainenti sostiene nel suo volume la tesi, accreditata e condivisa da molti autori che si sono interessati e si interessano dell’argomento, di una unità geografica del Paese, mentre quella politica, sociale ed economica, dopo centocinquanta anni, è ancora da venire. Il relatore, l’architetto Salvo Patanè, con una saggia e lucida analisi ha messo in luce l’aspetto più significativo del Risorgimento, e cioè che più che unificazione voluta dal popolo si trattò di un’unificazione a mano armata, voluta dal Piemonte nei confronti del Regno delle Due Sicilie, che fu occupato militarmente e annesso all’Italia del Nord con il metodo tragico di una feroce dittatura militare. Il cav. Piersanti Serrano, delegato dell’Ordine Costantiniano della Sicilia Orientale, ha trattato della figura del generale Ferdinando Beneventano del Bosco, unico vero grande soldato che cercò di difendere sino all’ultimo il suo re ed il regno invaso dai piemontesi. (La Voce dello Yonio)
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lunedì 21 gennaio 2013

Il Comitato Storico Siciliano aderisce alla rete delle Associazioni delle Due Sicilie





Con piacere comunichiamo ai nostri stimati lettori che l'associazione culturale "Comitato storico siciliano" aderisce alla neonata rete delle "Associazioni delle Due Sicilie".

Torniamo così nuovamente ad impegnarci nel campo della ricerca storica dopo un anno di pausa, durante il quale siamo stati occupati nel dare alla luce questo nuovo immenso progetto data la mole di articoli (5 anni) che ci siamo trovati a dover travasare sul nuovo sito, senza contare l'implementazione del Portale della Rete ed il lavoro per risolvere decine di inconvenienti tecnici.

Abbiamo anche una nuova mail: comitatosiciliano@associazioniduesicilie.it gestita da una nuova piattaforma che va a sostituire quella in  riferimento del vecchio nome "Comitato Due Sicilie-Sicilia".

Vi attendiamo numerosi.

Davide Cristaldi
Presidente Comitato storico siciliano


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Lettera di Ruggiero Settimo a Garibaldi (1860)

Illustrissimo Signore!
In questo giorno solenne, in cui la Sicilia è chiamata a compiere la costituzione dell’Italia, mi duole di non poter anch’io personalmente deporre nell’urna il voto per l’annessione al regno costituzionale del re Vittorio Emanuele e i suoi discendenti.


Ma non saprei neanco asternermi dallo esprimere il mio assentimento a questo stupendo fatto, che, formando l’Italia forte, indipendente e libera, assicura nel tempo istesso, la libertà e la prosperità dell’isola nostra.
Ora che i tempi sono maturi perchè la famiglia italiana riunisca in uno i suoi membri e tutte le sue forze, consumate soltanto in lotte fratricide, sarebbe strano il persistere in aspirazioni ed idee convenienti ad altre circostanze e a tempi andati.

Nelle molte vicissitudini della mia lunga vita ho la coscienza di aver voluto agire senza alcun personale riguardo, e soltanto per il bene della mia patria.
Colla stessa coscienza presento a lei questo mio voto, che spero sia conforme a quello di cotesti miei cittadini e di tutta la Sicilia.

Passo a rassegnarmi. Malta, 21 ottobre 1860
Devotis. ed obb. servo
RUGGIERO SETTIMO


Davide Cristaldi
Comitato Storico Siciliano

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Il primo cavo telegrafico sottomarino, primato piemontese o borbonico?

Gli storici piemontesi e quelli borbonici si contendono il Guiness del primo cavo telegrafico sottomarino d'Italia, se consideriamo la data d'immersione a vincere sono effettivamente i piemontesi, ma quest'ultimi si affidarono esclusivamente ad una società britannica, mentre i borbonici per posare il cavo utilizzarono  uomini e tecnologia "Made in Due Sicilie". Ai lettori dunque, la sentenza finale.



Il cavo sottomarino - Liguria - Corsica Sardegna. (24 luglio 1854)
Il progetto della linea telegrafica sottomarina La Spezia - Corsica, prevedeva un collegamento fino all'Africa Settentrionale a Bona (oggi Annaba, Algeria) passando per la Sardegna.
La direzione dell'impresa fu affidata alla società inglese dell'ingegnere J. Watkins Brett, che ne assunse anche la concessione per 50 anni.
I cavi furono forniti dalla ditta Tupper e Carr di Londra, che ne affidarono la costruzione alla ditta Kuper e C. di Londra. La guarnizione ed il rivestimento di tali fili con la gutta-perca(isolante utilizzato all'epoca) fu invece affidata alla società di S.Statham, sempre londinese.
Ogni cavo era composto da sei fili di rame da 1 millimetro e mezzo, mentre il diametro esterno assommava a 40 millimentri.
Tutto il materiale, del peso di 800 tonnellate, fu trasportato a La Spezia dal piroscafo inglese con propulsione ad elica "Il Persiano" che arrivò a Genova il 19 luglio del 1854 ed a La Spezia il giorno dopo. Fu scelto come punto di immersione del cavo, la foce del torrente Magra presso il piccolo Forte di Santa Croce.
Durante la posa dei cavi, a poche miglia dalla costa si verificò la rottura di uno dei fili di ferro dell'involucro, che portò ad un considerevole ritardo dell'operazione di posa.
il 24 luglio, alle ore 18:30 il vapore raggiunse finalmente la Corsica, fu scelto Capo Corso come punto di emersione del cavo. Nel mese successivo, fu calato il secondo tratto sottomarino che collegava la Corsica meridionale alla Sardegna, attraverso lo stretto di San Bonifacio.
Nel 1855 si doveva procedere alla stesura del terzo ed ultimo tratto sottomarino, tra capo Teulada, nella parte meridionale della Sardegna e le coste algerine, ma il progetto fu abbandonato a causa di un incidente che spezzò il cavo rendendolo irrecuperabile.
Il collegamento funzionò fino all'aprile del 1864, quando un guasto lo rese irreparabile.

Il cavo sottomarino Calabria - Sicilia (25 gennaio 1858)
Alla fine del settembre del 1857 l'ingegner Jacopo Bozza, incaricato del Real Governo, aveva ormai completato e congiunto tutte le stazioni della rete telegrafica siciliana. Tutti i dispacci provenienti dalle varie città dell'Isola per il Continente, venivano trascritti e trasportati via barca per lo Stretto ed a Reggio venivano ridigitalizzati con una macchina Henley.
Tuttavia i ritardi considerevoli e le proteste dei commercianti isolani nell'invio dei dispacci a Napoli ed all'estero, sostenuti dal Direttore della Telegrafia Siciliana D'Amico e dal Ministro per gli Affari di Sicilia, convinsero il Governo a posare un cavo sottomarino attraverso lo Stretto.
La carrucola che avvolgeva la bobina di cavi e la struttura metallica che sosteneva il marchingegno furono prodotti parte nell'officina di Pietrarsa, parte in stabilimenti privati, mentre il disegno fu sviluppato dall'Arsenale. Il costo del cavo, acquistato in Inghilterra, fu di circa 7000 ducati.
Il 25 gennaio del 1858, servendosi del brigantino "Principe Carlo" sul quale era montata la puleggia, del Piroscafo "Il Miseno" e del "Veloce", appartenenti alla marina duosiciliana, l'ingegnere borbonico Jacopo Bozza posò le 4 miglia di cavi telegrafici necessari per coprire la distanza tra Villa San Giovanni - Cannittello e Messina - Ganzirri.
La struttura telegrafica sottomarina passò immediatamente sotto il controllo statale e non fu data nessuna gestione in concessione.
Il 2 giugno 1858, l'ingegner Bozza posò un nuovo cavo telegrafico sottomarino, telegrafico lungo 20 km, tra la Real Cittadella di Messina ed il Forte di Reggio.
E' degno di nota il fatto che nuovi esperimenti di posa da parte del Governo Italiano, avvenuti dopo il 1861 furono dei fallimenti, soltanto nel 1863 fu stabilito un cavo dall'ingegnere materano Pentasuglia, tra Bagnara Calabra e Torre Faro (Messina), che funzionò per qualche anno.

Fonti:
D. Lardner, Diversi Mezzi di Comunicazione, Tip.Francesco Vallardi, Milano, 1860,  pp.220-221

Archivio storico della Camera dei Deputati, "Convenzione per l'esercizio del telegrafo sottomarino dalla Spezia a Cagliari ed oltre", volume XVI, 19-01-1858, 129, 131-151, 156-194 cc.  (51 cc.) 


Lenormand, Payen, Nuovo Dizionario Universale tecnologico, Tomo LIV, Tip. Giuseppe Antonelli, Venezia, 1856 pp.   147-148-149

Davide Cristaldi
Comitato Storico Siciliano

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