lunedì 17 dicembre 2007

Come girava la ruota in Sicilia

Il nostro amico Santo Catarame di Catania ci invia quest'altro interessante articolo.

La “ruota” era un meccanismo abbastanza semplice ideato e costruito per abbandonare un neonato.All’interno di un cilindro di legno cavo dove era posto avvolto in coperte o stracci.Il cilindro di legno era fissato, come una finestra, dentro un muro e ruotava con un perno in modo da poter portare il neonato dall’altra parte del muro.L’operazione d’abbandono dentro la “ruota” era preceduta dal suono di una campanella.
La persona preposta a quel servizio, che si trovava aldilà del mulo, udendo la campanella, si recava a ricevere il bambino e non vedeva chi dall’altra parte aveva lasciato il neonato.
La prima “ruota” fu ideata in Francia e precisamente alla fine del secolo XII.
Nell’ospedale dei Canonici di Marsiglia e precisamente nel 1188. In seguito funzionò un’altra “ruota” in Aix en Province e ancora un’altra in Tolone.(John Boswel, l’abbandono dei bambini, -ed.Rizzoli 1991).
Se gli storici hanno ragione: in Francia si sentì maggiormente la necessità di quest’espediente, ma non si sa se fu un’idea geniale di qualche cittadino francese rimasto anonimo o se l’idea fu copiata da altri paesi.

Lo storico John Boswel, emerito studioso della condizione dei neonati attraverso i secoli, ammette soltanto che nel XIII secolo inizi una notevole ed anche preoccupante “pratica” di abbandonare i figli appena nati.
Prima al XIII secolo la soluzione più diffusa era quella di lasciare i figli in “oblazione” nei conventi.
Bisogna considerare in ogni modo che i sistemi giuridici prevedevano opportunità diverse; per esempio anche la vendita dei figli. Le norme in argomento non erano certamente uguali per tutti i paesi dell’Europa.
Federico II di Svevia abolì, in tutto il territorio del suo impero, di vendere figlie femmine per la prostituzione.
Si deduce che i figli si potevano vendere per altri motivi!
L’oblazione non era considerata abbandono proprio perché erano i genitori che “donavano” i figli al convento che svolgeva detta opera cristiana. Non tutti i conventi avevano assegnato questo compito.
Già nel VI secolo d.c. la “regola di San Benedetto” prevedeva norme precise per l’oblazione.

I bambini, lasciati in convento neonati, non potevano essere considerati “professi” se non dopo la loro spontanea manifestazione di volontà, che si chiedeva dopo i dieci anni. Si può dedurre che nell’alto medioevo la maggiore età si acquisiva già a dieci anni(!).
Nella regola di San Basilio, invece, si diventava professi e quindi si accettava la vita e la carriera monastica dopo che l’oblato si era reso conto dell’importanza della castità.
Con l’oblazione si creavano diritti e doveri fra la famiglia e il monastero che accoglieva il neonato.
Questo procurava spesso lasciti di beni mobili e immobili per i monasteri; una delle tante cause per la formazione della “mano morta” ecclesiastica.
L’oblazione sembra un affidamento fatto secondo principi giuridici non molto precisi, che favorivano i monasteri, ma spesso favorivano anche le famiglie. Per esempio una donazione al monastero del neonato oblato comportava che lo stesso fosse escluso dall’eredità complessiva spettante agli altri eredi.

Un “oblato” illustre fu San Tommaso d’Aquino:
Le complicazioni giuridiche dell’oblazione portarono all’espediente della “ruota” che, non solo dava l’opportunità di abbandonare i neonati senza essere visti, ma permetteva di sopprimere giuridicamente e poi far nascere a nuova vita lo sfortunato(non sempre) bambino.
A queste ultime considerazioni bisogna aggiungere che il matrimonio dei preti fu abolito definitivamente proprio nel XIII secolo e che i figli dei preti erano considerati illegittimi, non solo, ma anche perseguitati e privati di status giuridici molto importanti.
Dal XIII secolo in poi, la straordinaria coincidenza dell’indicativo aumento degli “esposti”, e, l’abolizione del matrimonio dei preti, sono indizi importanti da non sottovalutare per capire il diffondersi dell’uso della ruota.
Il battesimo degli abbandonati fu un vero problema per il clero di quasi tutta l’Europa.

Nella sola Inghilterra vi furono tredici concili dl 1195 al 1295 che si occuparono del problema.
Dell’abbandono dei minori, ma soprattutto del battesimo degli stessi.(John Boswel, l’abbandono dei bambini….ed.Rizzoli, 1991).
Il problema va messo in relazione alle altre fedi religiose che in ogni caso andavano rispettate.
Si propagò l’uso di lasciare il bambino con del sale accanto come prova che era stato battezzato.
Utilizzare il sale per il neonato, era una pratica rituale d’iniziazione antica e riprendeva un uso
Già narrato nel libro biblico del profeta Ezechiele.
Papa Innocenzo III nel 1198 istituì la prima ruota in Italia e precisamente nell’ospedale Santo Spirito in Sassia di Roma.

Nella seconda metà dell’ottocento le “ruote” in Italia arrivarono a circa 1200.
Furono messi nella “ruota” i seguenti esposti celebri: Gengis Khan, papa Gregorio VII, Vincenzo Gemito, Gian Giacomo Rousseau. A questi illustri personaggi possiamo aggiungere i mitici Mosè, Romolo e Remo, Edipo.
In Italia, dopo l’Unità, nacque un movimento abolizionista della “ruota”. Le ragioni principali degli abolizionisti stavano nell’opinione che il metodo dava origine ad abusi. Contrariamente, bastava un servizio pubblico amministrato da impiegati obbligati al segreto d’ufficio.
L’abolizione delle “ruote” iniziò in Italia nel 1867 e fu la città di Ferrara a metterlo in atto per prima. Altre città italiane disposero, in anni diversi, l’abolizione. Nel 1923 furono tutte abolite nel territorio italiano con un regolamento approvato dal governo di Mussolini.

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La storia dell’abbandono dei neonati in Sicilia è una storia che segue l’andamento della situazione economica nell’isola.
In periodi di crisi economica corrispondeva un maggiore abbandono di neonati.
Dal 1600 al 1800 la percentuale dei proietti si abbassa considerevolmente.
. Nei periodi di crisi economica questa tendenza si perde completamente e la percentuale sale di nuovo nettamente.
Dal 1610 al 1648 vi furono carestie che alzarono il livello d’abbandono fino al 10%, mentre la media del seicento era del 6% (F.Calcaterra- La strage degli innocenti-1600, 1900, Paternò).
La media nel settecento era meno del 4%, ma dal 1883 al 1888 si raggiunse l’incredibile media del 5,5% molto superiore a quella del settecento.
Questo era l’effetto della crisi economica post-unità d’Italia che dimostrava come si veniva consolidando il “problema meridionale”.
Nel periodo della dominazione spagnola, le iniziative per combattere il fenomeno dell’abbandono furono lasciate ai benefattori privati in armonia con le istituzioni ecclesiastiche cattoliche.
Dal XVI secolo a metà del XIX secolo furono creati i “conservatori” per le bambine abbandonate. Nella città di Catania ve ne furono otto più due in provincia a Adernò e Biancavilla.(S.Romano, i conservatori femminili nella Catania dell’ottocento…, ed.1996)
Diversi furono i provvedimenti del Governo Spagnolo e Vicereale.
Nel 1518 il vicere Conte di Castro aveva fondato un istituto per proietti; in seguito nel 1555, il vicere de Vega istituiva il “consiglio della pietà dei proietti”.
Nel 1586 fu fondato in Catania il “conservatorio” detto: Sant’Agata delle verginelle
Le “conservatorie” si chiamavano così perchè dovevano “conservare” l’onere, la castità e le virtù della bambina.
Molto fecero i Governi Borbonici.
Nel 1741, con il concordato tra la Santa Sede e il governo borbonico, detti istituti di pia carità per orfanelli sono dichiarati laici.
Nasce così un contenzioso fra autorità borboniche e autorità religiose che continuerà oltre il periodo delle riforme e dell’abolizione della feudalità in Sicilia.
Di fatto le autorità religiose e quelle laiche amministreranno insieme le istituzioni pie,
con prevalenza dell’uno o dell’altra secondo il momento politico diverso.
Ciò non esclude che vi sia una preminenza d’iniziative delle autorità religiose cattoliche e dei patrizi siciliani disposti a fare cospicue donazioni o legati.
Nel 1751 il vicere La Viefuille ordina d’istituire la “ruota” in tutte le città siciliane.
In realtà le “ruote” già esistevano in alcune città della Sicilia, il vicere La Viefuille obbligava “tutte” le città quindi anche quelle che non l’avevano istituita in passato.
Il cappellano curato, preposto a ricevere il proietto dalla ruota, riempiva un foglio del libro dei projetti, imponendo un nome di fantasia al neonato, e subito lo battezzava.
Il battesimo era impartito subito, in quanto la mortalità infantile era molto elevata e non si volevano correre rischi per l’omesso sacramento religioso.
L’atto di nascita era fatto in seguito dall’ufficiale di stato civile
Leggendo alcuni cognomi dal registro degli atti di nascita dei proietti, si notano cognomi come: esposito o esposto, trovato, diddio, proietti, cornetto, o nomi di città e paesi.(dai libri dei proietti presso archivio storico di Catania).
Un dispaccio del governo Borbonico del 1760 fisserà per il mantenimento e cura dei proietti l’età massima a carico degli Ospedali e delle Università. Per i bambini fino a cinque anni e per le bambine fino a sette.
Alle nutrici, erano affidati in allevamento i trovatelli fino ai cinque anni e per sette anni le bambine trovatelle.
Questo spiega come nella città di Catania è stato costituito anche un: “conservatorio per le projette settenarie”
Nel 1771 è revocato l’uso di “bullare” sulle carni i trovatelli ed è disposto che bisogna semplicemente legare al collo dei neonati una funicella da cui doveva pendere una semplice medaglietta con scritto il nome dell’ospedale o dell’Università che aveva in cura lo stesso neonato,
si aggiungeva anche un numero di matricola.
(biblioteca comunale di Paternò, registri della Corte Giuratoria in F.Calcaterra, op.cit).
Nel 1776 è costituito in Catania il “reclusorio del Santo Bambino” utilizzando la totale eredità del principe Paternò Castello di Bicocca.
La caratteristica unica e specialissima di questo reclusorio è che erano accettate e assistite le donne gravide oltre il settimo mese rimaste incinte da rapporto illegittimo. Erano accettate anche le meretrici incinte.
Il sistema d’accettazione, della donna gravida fuori del matrimonio, era predisposto in modo che il nome e cognome della madre restasse scritto in busta chiusa e segreto. Detta busta era riconsegnata alla stessa, quando lasciava definitivamente il reclusorio del Santo Bambino.
L’ospedale esiste ancora in Catania ma per servizi sanitari di normale cura per le partorienti.(S.Romano-i conservatori femminili nella Catania dell’ottocento- ed. università Catania 1996).
Nel periodo del governo borbonico in Sicilia è stabilito che le spese per il mantenimento dei proietti sia a carico degli ospedali e delle Università ( comuni).
Sono stabiliti i compensi obbligatori per le “nutrici” che accudivano ai trovatelli.
Le “mesate” alle nutrici, nel primo ottocento, erano fissate in tarì 15.
Bisogna aggiungere alla figura della nutrice quello della “balia” che allattava subito il proietto appena uscito dalla ruota e dalle mani del cappellano curato. Le balie erano pagate dalle stesse istitituzioni sopra indicate.
Le balie erano pagate a “cottimo”, in altre parole per neonato allattato.
In Catania molte balie erano in servizio presso la “Casa della nutrizione”, trasformata in seguito in brefotrofio e oggi laboratorio d’Igiene e profilassi dell’ASL n° 3 di Catania.
Le nutrici allevavano i proietti in casa insieme al resto della famiglia.
Dopo i cinque anni d’allevamento con la nutrice, i maschietti erano avviati al lavoro(!) presso un artigiano o un contadino.
Le proiette dopo i sette anni erano avviate presso i conservatori o reclusori dove imparavano un mestiere donnesco, che era spesso legato ad un’attività di tessitura. In Catania molte ragazze lavoravano alla fabbricazione di guanti.(S.De Luca Carnazza-le istituzioni di pubblica beneficenza, Catania).
Bisogna evidenziare che spesso le nutrici, per lucrare la “mesata”, portavano i loro figli legittimi alla ruota per ottenere fraudolentemente lo status giuridico di proietti.
Questo sistema di “truffa” perdurerà fini alla formazione dello Stato Unitario. Per tali inconvenienti, i documenti per l’affidamento dei proietti alle nutrici espressamente citavano che:
“….dagli accertamenti non è risultato che la nutrice era la madre del bambino abbandonato…”
E’ evidente che in questo “sistema” di protezione ed assistenza si possano produrre altri e più gravi inconvenienti e veri delitti.
Nel libro citato di Franco Calcaterra, si evidenzia che i motivi d’abbandono sono prevalentemente dovuti alle seguenti cause: povertà, meretricio, rapporti fra padroni e serve, figli di sacerdoti, figli di padre che non riconosceva e non voleva “riparare”.
L’aumento dei neonati abbandonati, dopo l’unità d’Italia, costringerà il governo di Francesco Crispi a promulgare una legge nel 1890 per il riordino degli istituti di beneficenza.
Nascono le IPAB: Istituti per l’assistenza e beneficenza.
In Sicilia le ruote funzionavano ancora fino al 1906 e in ben 126 comuni siciliani.
Come ricordato sopra, nel 1923 furono tutte abolite nel territorio italiano con un regolamento approvato dal governo di Mussolini.
La storia recente delle opere pie è molto strana, in parte inesplorata e per alcuni aspetti peggiore del passato(!): questo dimostra il livello di menefreghismo e corruzione esistente oggi tra i dipendenti delle Regioni.
Le IPAB sono state trasformate in ASP, in altre parole: “Aziende per il servizio alle persone”.
L’onere di finanziamento e ispezione spettano alle Regioni.
La regione Sicilia inaugura la malaugurata politica di “cartolarizzazione” nel 1986.
Con questa bell’idea il patrimonio delle pie fondazioni è ora venduto e spesso regalato ai privati.
Privati che dovrebbero svolgere l’attività d’assistenza prevalentemente per persone anziane, disabili e orfani.(E. Di Martini- benedette case, il ricco mercato d’opere pie- in .www.alternativerivista.it o nel giornale “il manifesto” del 23 febbraio 2006-anche www.intrage.it/volontariato).
Il patrimonio immobiliare delle vecchie e gloriose pie fondazioni sono spesso utilizzati per
Speculazioni d’agenzie gestite dai soliti “furbetti”.
Clamoroso un recente caso di speculazione sul patrimonio delle opere pie nel Lazio, con l’intervento della magistratura ed arresti dei responsabili d’agenzie immobiliari e di funzionari.
Le pie fondazioni di carità costituite da secoli con patrimoni di benefattori privati, ritornano a privati che non sono benefattori se non di se stessi!

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