martedì 31 maggio 2011

Segnaliamo questo manifesto affisso a Sciacca


Manifesto da me affisso davanti al comune di Sciacca tramite agenzia pubblicitaria il 17 marzo e che è stato rubato e poi riaffisso il 19 marzo e rubato un'altra volta il 20 marzo.

di Francesco Castrogiovanni
Sciacca


Questa strada è intitolata a Re Vittorio Emanuele II di Savoia
Eroe risorgimentale opredone e criminale di guerra?


Oggi 17 marzo, ricorre il 150° anniversario dell’unità d’Italia. Una riflessione è d’obbligo.

Se è vero che l’unità è un immenso patrimonio perché ogni frontiera abbattuta è progresso per l’umanità, molta amarezza sorge se si analizzano le notizie storiche (reali, non quelle false della retorica risorgimentale dei libri di scuola) su come l’unità fu fatta, sull’atteggiamento tenuto dalla classe dirigente italiana, prevalentemente settentrionale, verso il Sud in questi 150 anni, sulle colpevoli manchevolezze della classe politica meridionale post unitaria e successiva, sino a quella attuale, sul fatto che uno stato sovrano, il Regno delle Due Sicilie, con le casse erariali piene di oro svaligiate già dai garibaldini, più avanti sulla strada del progresso economico, tecnologico e sociale del “civilissimo” e finanziariamente fallito Piemonte, venne invaso senza dichiarazione di guerra e ridotto poi, in pochi decenni, alla fame, con la conseguente successiva nascita della questione meridionale e l’emigrazione di milioni di persone.

Interroghiamoci sui perché dell’asimmetrico sviluppo dell’Italia in questi 150 anni, su ciò che noi meridionali eravamo e su come ci hanno ridotto, sulle responsabilità passate e presenti di questo disastro, su quello che dobbiamo chiedere alla nostra scadente classe politica.

Interroghiamoci sui crimini di guerra commessi negli anni 1860-1870 in tutto il meridione d’Italia dai generali di Vittorio Emanuele II, con stragi di civili e distruzione di interi centri abitati (l’intera popolazione di Pontelandolfo fu massacrata per una rappresaglia), campi di concentramento per i soldati borbonici leali al loro legittimo Re e i ribelli lealisti (Finestrelle, Piemonte, dove in migliaia morivano di stenti entro pochi mesi dall’arrivo), saccheggi, furti stupri e distruzioni.

Intitoliamo questa strada ad Angelina Romano che il 3 gennaio 1862, insieme a Don Benedetto Palermo, 43 anni (sacerdote), Mariano Crociata, 30 anni, Marco Randisi, 45 anni, Anna Catalano, 50 anni, Antonino Corona, 70 anni, Angelo Calamìa, 70 anni, venne fucilata a Castellammare del Golfo perché non volle o non seppe dire ai “fratelli d’Italia” dall’elmo piumato, i bersaglieri che le spararono, dove si nascondevano alcuni giovani ricercati perché renitenti alla leva obbligatoria, introdotta da Vittorio Emanuele II dopo secoli di esenzione generale in Sicilia.

Angelina Romano aveva 9 anni.


Fuori Vittorio Emanuele II di Savoia dalla toponomastica della città!

Prof. Francesco Castrogiovanni

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