mercoledì 23 marzo 2011
La desistenza anti piemontese e il pane scomunicato
La lotta che ebbe a portare tanti ragazzotti sotto il vessillo di Garibaldi, il liberatore, da una tirannide mai così amata, si trasformava di giorno in giorno, in una rivolta inimmaginabile. Le truppe del Re piemontese, arroganti, criminali, dei delinquenti in carriera, portarono la morte e la disperazione in molte comunità del meridione d’Italia. Il popolo duo siciliano, combatteva con ogni mezzo a sua disposizione, facendosi massacrare piuttosto che acquietarsi, sotto i colori di una Italia non voluta.
Una battaglia, mille battaglie questo era il motto di molti rivoltosi che, si udivano nelle contrade e nei paesi, dell’ex regno Borbonico dopo il 17 marzo 1861. La rabbia, l’astio, si comunicava in tanti modi e la popolazione, era la principale oppositrice di questa guerra dichiarata. A differenza di prima, qui la guerra fu palese; la resistenza, scoppiò come unica difesa alla tirannide savoiarda. La repressione militare inferta al popolo del sud, è un fatto storico incontrovertibile.
Con l’entrata in regime, della chiamata alle armi dei sudditi duo siciliani, ci sarà una recrudescenza di livore e di odio, avvertita da ambo le parti sfociata in persecuzione. Entrambe le fazioni, erano determinate ad ottenere la vittoria, con qualsiasi mezzo. In quella fase storica, la barbarie era un metodo e quasi una consuetudine, ma vi sono accaduti dei fatti clamorosi che giustificano la rivolta popolare, esente da contaminazioni individuali e territoriali; in quanto volontà di tutto un popolo, entro i suoi antichi confini nazionali. In una pubblicazione dell’epoca, edita dal giornale napoletano L’Unione, si legge quanto segue:
"gli ufficiali piemontesi dicono qui, di essere altamente detestati, e l’odio delle masse è tale, che basta raccontare un fatto, descritto proprio da un ufficiale piemontese. Alcuni soldati napoletani arruolati per forza e trasportati al distretto di Alessandria, non volendo servire nelle file piemontesi, giurarono piuttosto di lasciarsi morire di fame; il comandante, non potendo per modo alcuno vincere la loro sublime ostinazione, fu obbligato a congedarli per non vederli spiare di fame."Un caso simile a questo fatto, di energica risoluzione, fu quello dei poveri D’Amalfi, che ricusarono di ricevere il pane, distribuito loro, in occasione della festa nazionale del 2 giugno; perché dicevano codesti, era un pane scomunicato.
Se perfino i poveri, erano pronti a rifiutare l’unico bene che possedevano nella vita, quello della misericordia umana, ribellandosi all’abominio, alla giustizia ingiusta, cosa pensate che covasse nell’animo di tutti gli altri: libertà, uguaglianza, fraternità sotto un’unica bandiera, oppure ribellione?
Il sangue di tanti innocenti, fu versato ancora per lungo tempo, come i martiri cristiani, martirizzati per una fede mai doma, mai vinta saranno per sempre ricordati. Per questa fede, furono indicati come ribelli, fuori legge, e in quanto tale indicati briganti. Mentre in realtà erano partigiani, di uno stato che sentivano tale, e che non avrebbero mai più ritrovato.
Alessandro Fumia
fonte: http://zancleweb.wordpress.com/2011/03/16/la-desistenza-anti-piemontese-e-il-pane-scomunicato/
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