mercoledì 29 dicembre 2010

(LA SICILIA) SOTTO I BORBONI SICILIA AL PASSO CON L'EUROPA


Modelli innovativi. La prof. Raffaele: «Anche dopo la Restaurazione, un'efficace azione in campo sociale»

Non è necessaria una radicale rivisitazione. Basterebbe guardare con gli occhi dello storico al periodo borbonico per capire che anche sotto il profilo dell'assistenza quella Sicilia non era la regione arretrata cui gli stereotipi più diffusi ci hanno abituato. Anzi: «Specie il primo periodo borbonico, quello del riformismo, segue le tracce dell'assolutismo illuminato dei grandi prìncipi europei. Nel campo dell'assistenza, c'è una fortissima consonanza con la realtà europea e a tratti un'accelerazione, un anticipo», osserva Silvana Raffaele, ordinario di Storia moderna alla Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università di Catania.

I modelli sono piuttosto innovativi, per l'epoca: «Nel Settecento in Sicilia e a Napoli si aprono i Grandi alberghi dei poveri, opifici cui sono destinati i poveri che vengono tolti dalla strada e messi in condizione di lavorare, sul modello delle work houses di età elisabettiana», dice la professoressa, studiosa di quel periodo e autrice di saggi sulla famiglia, la società e la condizione della donna.
«Un secondo elemento è l'attenzione nei confronti della donna, mirata pur sempre al controllo sociale e a un concetto che collima con quello di onore, non soltanto siciliano ma europeo. Era infatti problema avvertito il passaggio di patrimonio, che doveva essere certo e sicuro. Per questo il padre doveva quindi non avere alcun dubbio quel figlio fosse suo. Di qui la necessità dell'assoluta fedeltà delle spose e lo stigma della prostituzione, che viene nettamente distinta. In questa logica, si aprono i conservatori della virtù, dove a tutte le donne ospitate viene insegnato un mestiere. A Catania ce ne saranno nove».

Segue la stessa impostazione la nascita delle «giunte dei figlioli proietti, primo esempio di struttura di tipo centralizzato per l'assistenza all'infanzia abbandonata». Una sorge a Palermo, svariate altre in Sicilia. Il «beneficio» non è solo la nota ruota fuori dai conventi, che serve ad affidare i bambini non voluti conservando l'anonimato. «Il Comune paga gli alimenti dei bambini fino a cinque anni per i maschi, dopodiché procura un lavoro, e indirizza le ragazze ai conservatori. La ruota di Catania, in venti anni, dal '40 al '60, ricevette quasi 10mila bambini, di cui l'83% morì», sottolinea la professoressa.
Dopo la restaurazione, i Borbone proseguirono una vasta azione di tipo sociale, stavolta sul modello francese. «La scuola primaria diventa gratuita: non obbligatoria perché non si potevano costringere le famiglie povere a privarsi delle braccia da lavoro. Nasce un sistema di scuola secondaria che prevede non solo licei e collegi per i dotti, ma anche scuole professionali attorno alle nuove professioni emergenti, diplomatici, militari etc. Era insomma una Sicilia in perfetta consonanza con l'Europa», afferma Raffaele.

Di lì a poco, nel 1877, ne "I contadini in Sicilia", così Sidney Sonnino descriverà le condizioni delle strutture di assistenza: «La classe dei cosiddetti galantuomini ha in mano tutte le amministrazioni comunali, e inoltre la gestione di tutto il denaro delle Opere pie [...]. Lo spettacolo diventa più doloroso ancora se dalle amministrazioni comunali, ci volgiamo a considerare le Opere pie e le condizioni della beneficenza pubblica in Sicilia. I monti frumentari sono diventati quasi dappertutto un mezzo nelle mani degli amministratori per esercitare l'usura per conto proprio e su più vasta scala [...].Le Opere pie sono considerate in genere dalla classe che le amministra come un campo che deve sfruttare per suo proprio vantaggio. Per gli onesti sono un mezzo di influenza e di favoritismo; per i meno onesti una sorgente di facili lucri e di illeciti guadagni».

Orazio Vecchio, 28 DICEMBRE 2010

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martedì 21 dicembre 2010

Augusta(SR) - Relazione del sopralluogo al telegrafo borbonico.



di Davide Cristaldi
Comitato Storico Siciliano

Quella del 19 dicembre è stata una giornata che ha messo un ulteriore tassello nella riscostruzione della storia borbonica siciliana.
Folto, interessato ed esigente il pubblico che ha partecipato alla spedizione di Cozzo Telegrafo, così come ho particolarmente apprezzato l'entusiasmo, la preparazione e la capacità di coinvolgimento di Ivan Alicata dell'associazione Natura Sicula e Luca di Giacomo dell'associazione Marilighea.

Fondamentale per il successo dell'iniziativa è stata la presenza dell'archeologo e storico locale Italo Russo, il primo ad aver trovato le fonti ed identificato i resti del telegrafo borbonico di Diavolodopera. Grazie a lui siamo entrati agevolmente nel sito ed abbiamo potuto ricostruire in maniera più che esaustiva quelle che furono le vicende storiche della stazione telegrafica.
Inaspettata quanto lieta la presenza di Carmelo Modica, uomo di provata fede borbonica che ho avuto modo di conoscere domenica quando si è unito alla nostra spedizione e con il quale spero si avvi presto una proficua collaborazione.

Da segnalare in Augusta la presenza dell'Associazione "Due Sicilie" guidata dal presidente Giacomo Casole, che ho avuto modo di conoscere sempre domenica, anche con la sua associazione mi auguro di poter organizzare presto qualcosa insieme.

Premessa storica

La zona in cui sorge il telegrafo ottico di Diavolodopera, altresì detto di "Diavolopri" o "Avolo d'Opra", è oggi conosciuto con il toponimo di "Cozzo Telegrafo" e si trova su un'altura tra Brucoli ed Agusta. La stazione telegrafica si trovava tra quella adiacente del fiume Simeto (Casa Portoghese) e quella del comune di Augusta (Terra Vecchia) Come appare nella legenda della cartina telegrafica del Regno delle Due Sicilie, "Diavolodopera" serviva anche per l'avvistamento e la segnalazione dei navigli che costeggiavano lo spazio di mare sottostante.
La data di costruzione esatta non la conosciamo, ma di certo risalente a qualche mese dopo il 1816, anno in cui fu costituito il Regno delle Due Sicilie ed istituito in Sicilia il sistema di comunicazione telegrafica ottica con il sistema Depillon (telegrafo a 3 braccia)

La spedizione

Partiti da Augusta abbiamo raggiunto Cozzo Telegrafo in 15 minuti circa. Questa montagnola, famosa per gli eventi bellici che la videro protagonista come importante caposaldo italo-tedesco per la difesa di Catania dall'esercito inglese guidato dal generale Montgomery, si presenta come un sistema irto di tunnel sotterranei, cunicoli, bunker, vasche per cannoni tutti costruiti durante la seconda guerra mondiale.
Giunti sulla sommità del cocuzzolo, il Sig. Russo ci ha mostrato il punto in cui sorgeva il telegrafo: abbiamo in effetti rinvenuto i resti dell'intonaco sui cui era poggiato il macchinario, i resti del muro perimetrale della casupola, di mattonelle della stessa e di tegole. Ma soprattutto, abbiamo trovato:

- due "T" (TELEGRAFO) incise nella roccia, rivolte verso i due telegrafi adiacenti,

- un bottone in ferro, arrugginito, con sopra quello che sembra essere un giglio borbonico (probabilmente smarrito da un ufficiale telegrafista) per il quale faremo una precisa perizia

- resti di piatti, zuppiere, vasellame in terracotta maiolicata in genere in uso nel'800, per i quali il Sig. Russo si occuperà di fare una perizia che dovrà stabilire la data certa.

La maggiorparte di questo materiale, così come diversi mattoni, sono stati rinvenuti anche a 20 metri di distanza, in tutte le direzioni, segno inequivocabile di un esplosione, certamente avvenuta durante i bombardamenti dell'ultima guerra: secondo i dati storici del nostro Armando Donato Mozer, responsabile del CSS per la provincia di Messina ed esperto di militaria, la stazione telegrafica borbonica fu fatta saltare la mattina del 15 luglio 1943 a seguito dei massicci bombardamenti inglesi, per terra e per mare, che alle 12.30 dello stesso giorno provocarono la caduta del caposaldo di Cozzo Telegrafo.

Finiti gli opportuni rilevamenti ed il sopralluogo, è stato esposto al pubblico un excursus storico del Regno delle Due Sicilie, è stata mostrata e spiegata la bandiera del Regno delle Due Sicilie così come la cartina telegrafica del Regno, oggetti rivelatisi particolarmente apprezzati come dimostra la salva di domande e curiosità a cui il sottoscritto ha riposto con piacere.
La stragrande maggioranza dei partecipanti era ignara della storia del Regno delle Due Sicilie e dei suoi primati, per questo la missione può dirsi più che compiuta.

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mercoledì 15 dicembre 2010

Riposto(CT) - Gli chiedono di eseguire l'Inno di Mameli, ma lui suona quello del Regno delle Due Sicilie



L'articolo, a firma di Salvo Sessa è apparso sul quotidiano LA SICILIA il 13 dicembre 2010.
I presenti raccontano che il maestro Di Donato, a conclusione del suo concerto all'organo, è stato invitato a suonare l'inno di Mameli. Con garbo si è rifiutato, optando, invece, per quello del Regno delle Due Sicilie.

La scelta sicuramente è stata dettata dallo strumento che suonava. Infatti, all'organo, l'inno di Paisello, "rende" molto meglio di quello savoiardo.
Infatti alla gente è molto piaciuto.


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lunedì 6 dicembre 2010

Alla ricerca del telegrafo ottico borbonico di Diavolodopera

 



Il Comitato Storico Siciliano, le associazioni Natura Sicula sez. Augusta e Marilighea hanno il piacere di invitare iscritti e simpatizzanti alla spedizione per la ricerca del telegrafo ottico di Diavolodopera, secondo alcuni documenti storici posto sulle alture di Cozzo Telegrafo, nei pressi di Augusta.

L'appuntamento è fissato per il 19 dicembre 2010 ore 09.30 a Piazza Fontana in Augusta(SR), indirizzo in cui è stato previsto il punto di raccolta.

Accompagnatore ufficiale alla spedizione sarà Ivan Alicata dell'associazione Natura Sicula, che ci condurrà sulle alture di Cozzo Telegrafo dove lo storico locale Italo Russo, per primo ad aver rinvenuto le tracce storiche della stazione telegrafica borbonica ci parlerà dei suoi studi.

Davide Cristaldi

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