martedì 24 novembre 2009
Sul Crocifisso ed il calendario
A sinistra i giacobini francesi piantano un pioppo come Albero della Libertà; a destra il risultato finale
di Salvatore Carreca
vicepresidente regionale CSS
“Togliete il Crocifisso dai luoghi pubblici!”: è questo il messaggio oggetto di discussioni e polemiche.
Nella nostra storia recente la prima volta che fu imposto di abolire i Crocifissi avvenne nel 1799 quando le armate della Francia “laica” e giacobina, guidate dal generale Championnet, invasero il Regno delle Due Sicilie. In tutti i paesi occupati i Crocifissi esposti nei luoghi pubblici vennero sostituiti con gli Alberi della Libertà detti anche “Alberi sacri della comune redenzione”.
Il passo successivo venne subito segnato da una delle prime disposizioni del governo di Napoli giacobino e filo-francese: la sostituzione del Calendario Cristiano con quello giacobino.
Ideato in Francia dall’Accademia delle Scienze, al fine di “dimostrare il livello di perfezione dell’astronomia francese” e per “sottrarre alle esigenze religiose di qualsiasi specie”, aveva come obiettivo quello di cancellare ogni riferimento al Cristianesimo, abolendo le Domeniche, tutte le festività sante e la conta degli anni dalla nascita di Cristo, partendo l’era nuova dal 22 settembre 1792, epoca della fondazione della Repubblica Francese.
I nomi dei 12 mesi, formati tutti da 30 giorni, vennero ispirati al clima di Parigi: Vendemmiale, Brumale e Frimale per l’autunno, Nevoso, Ventoso e Piovoso per l’inverno, Germile, Fiorile e Pratile per la primavera, Messidoro, Termidoro e Fruttidoro per l’estate. I cinque giorni complementari, per far tornare i conti, detti Sanculottidì erano consacrati alla festa del Genio, del Lavoro, delle Azioni, delle Ricompense e dell’Opinione. Il mese era diviso in tre decadi e, non esistendo più la Domenica, era previsto come giorno di riposo il decimo giorno.
Oggi, chi pretende che venga tolto il Crocifisso dai luoghi pubblici dovrebbe, per coerenza, proporre ed imporre con la stessa forza e determinazione l’adozione del calendario giacobino, molto laico e sicuramente non “offensivo” nei confronti dei Musulmani o di credenti di altre religioni. Coerenza vuole che gli stessi fautori della Libertà non festeggino più il Santo Natale, o la Santa Pasqua o altre ricorrenze cristiane e quindi neanche la Domenica, lavorando per 9 giorni di fila. Un primo problema nasce purtroppo per tutti coloro che, festeggiato la notte delle Zucche vuote di Halloween (10 Decadì Brumale), sarebbero costretti a recarsi al lavoro avendo improvvidamente trasformata la Festa di Ognissanti nell’ordinario 11 Primodì di Brumale.
Per risolvere dunque questi problemi i laicisti dovrebbero almeno riconoscere che è proprio il Crocifisso ad essere il simbolo laico per eccellenza dato che ci ricorda sempre: “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”…. Ma ricordiamoci tutti che anche Cesare è di Dio…..
Salvatore Carreca
28 Ottavodì Brumale dell’anno 217 della Libertà (18 novembre 2009)
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cultura
lunedì 23 novembre 2009
Storia dei cannoni borbonici di Porto Empedocle
Anticipazione di un articolo che uscirà a breve su L'Empedoclino
Cannone navale da 12 libbre di costruzione svedese (1780-1795)
Porto Empedocle testimone di un passato glorioso non solamente circoscritto al suo territorio ma esteso a tutto il Regno delle due Sicilie, offre oggi una testimonianza della storia della sua Marineria con la realizzanda sede del Museo del Mare.
di Salvatore Carreca
Pregevoli pezzi di artiglieria non sono solo vestigia di un passato militare, rappresentano anche la testimonianza di una evoluzione che vide il Regno delle Due Sicilie, dalla sua dichiarazione a stato autonomo sotto Carlo di Borbone nel 1734, a nazione indipendente con una flotta mercantile prima in Italia, seconda in Europa dopo l´Inghilterra quarta nel mondo. Poco prima dell´Unità d´Italia, le Due Sicilie arrivarono a possedere i 4/5 di tutto il naviglio italiano, con 9.800 bastimenti, di cui un centinaio, incluse le unità militari, erano a vapore.
Porto Empedocle ricorda certamente che fu Carlo di Borbone, collaborato dal vescovo Gioeni, a fare trasformare il Caricatore in un moderno porto commerciale e a procedere al primo restauro della Torre Carlo V negli anni dal 1749 al 1757. La allora Marina di Girgenti, poi divenuta Comune autonomo grazie a Ferdinando II di Borbone, si aprì così al commercio internazionale.
Nella prima metà del Settecento le coste del Regno erano prive di adeguate difese e preda di facili incursioni dei pirati e dei turchi che, infestando tutto il Mediterraneo, attaccavano i navigli commerciali e effettuavano scorrerie all’interno delle coste, saccheggiando paesi e villaggi.
Le artiglierie navali rappresentarono quindi una eccezionale arma di difesa. Il diffondersi della pirateria indusse i governi di Spagna, Portogallo, Malta e delle Due Sicilie alla pianificazione di un’azione punitiva contro i corsari algerini.
Nel 1767, durante il regno di Ferdinando di Borbone, figlio di Carlo, la più importante fabbrica di armi era quella di Torre Annunziata nel napoletano; poiché la produzione non garantiva il fabbisogno di armamenti si dovette ricorrere all’acquisto di materiale bellico all’estero.
Uno dei cannoni oggi esposti, un cannone navale in ferro da 12 libbre, faceva parte di un lotto di pezzi commissionati dal governo di Napoli al regno di Svezia. Il particolare della cifra “GR”, iniziali di Gustavo Rex re di Svezia, indicano la provenienza dello stesso. Nel 1780 venne effettuata un primo ordine di 60 cannoni da 24 libbre, 168 da 12 e 144 da 8.
Ben presto, grazie allo sviluppo industriale, sociale ed economico, fortemente promosso dal sovrano, le artiglierie vennero prodotte nelle fonderie nazionali.
Carronate da 24 e 12 libbredi fine XVIII secolo, utilizzate dalla Marina del Regno delle Due Sicilie regnante Ferdinando III re di Sicilia (1759-1825)
I due esemplari di carronate esposte, da 24 e 12 libbre, furono probabilmente prodotti dalle industrie del Regno delle Due Sicilie. Il termine Carronata deriva dall’inglese Carronade che prende il nome dalla Carron Company of Falkirk, in Scozia, dove vennero prodotti i primi esemplari negli anni fra il 1759 e il 1779.
La carronata, grazie alle sue caratteristiche di leggerezza, dimensioni ridotte e minor numero di uomini addetti per il suo impiego, era particolarmente adatta alle tattiche di combattimento ravvicinato.
Con la prossima inaugurazione del Museo nella la Torre Carlo V, in cui è prevista una sala dedicata alle artiglierie pesanti, l’Amministrazione Comunale intende restituire alla cittadinanza un pezzo importante della storia nazionale.
Salvatore Carreca
Vicepresidente regionale
CSS
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Cannone navale da 12 libbre di costruzione svedese (1780-1795)
Porto Empedocle testimone di un passato glorioso non solamente circoscritto al suo territorio ma esteso a tutto il Regno delle due Sicilie, offre oggi una testimonianza della storia della sua Marineria con la realizzanda sede del Museo del Mare.
di Salvatore Carreca
Pregevoli pezzi di artiglieria non sono solo vestigia di un passato militare, rappresentano anche la testimonianza di una evoluzione che vide il Regno delle Due Sicilie, dalla sua dichiarazione a stato autonomo sotto Carlo di Borbone nel 1734, a nazione indipendente con una flotta mercantile prima in Italia, seconda in Europa dopo l´Inghilterra quarta nel mondo. Poco prima dell´Unità d´Italia, le Due Sicilie arrivarono a possedere i 4/5 di tutto il naviglio italiano, con 9.800 bastimenti, di cui un centinaio, incluse le unità militari, erano a vapore.
Porto Empedocle ricorda certamente che fu Carlo di Borbone, collaborato dal vescovo Gioeni, a fare trasformare il Caricatore in un moderno porto commerciale e a procedere al primo restauro della Torre Carlo V negli anni dal 1749 al 1757. La allora Marina di Girgenti, poi divenuta Comune autonomo grazie a Ferdinando II di Borbone, si aprì così al commercio internazionale.
Nella prima metà del Settecento le coste del Regno erano prive di adeguate difese e preda di facili incursioni dei pirati e dei turchi che, infestando tutto il Mediterraneo, attaccavano i navigli commerciali e effettuavano scorrerie all’interno delle coste, saccheggiando paesi e villaggi.
Le artiglierie navali rappresentarono quindi una eccezionale arma di difesa. Il diffondersi della pirateria indusse i governi di Spagna, Portogallo, Malta e delle Due Sicilie alla pianificazione di un’azione punitiva contro i corsari algerini.
Nel 1767, durante il regno di Ferdinando di Borbone, figlio di Carlo, la più importante fabbrica di armi era quella di Torre Annunziata nel napoletano; poiché la produzione non garantiva il fabbisogno di armamenti si dovette ricorrere all’acquisto di materiale bellico all’estero.
Uno dei cannoni oggi esposti, un cannone navale in ferro da 12 libbre, faceva parte di un lotto di pezzi commissionati dal governo di Napoli al regno di Svezia. Il particolare della cifra “GR”, iniziali di Gustavo Rex re di Svezia, indicano la provenienza dello stesso. Nel 1780 venne effettuata un primo ordine di 60 cannoni da 24 libbre, 168 da 12 e 144 da 8.
Ben presto, grazie allo sviluppo industriale, sociale ed economico, fortemente promosso dal sovrano, le artiglierie vennero prodotte nelle fonderie nazionali.
Carronate da 24 e 12 libbredi fine XVIII secolo, utilizzate dalla Marina del Regno delle Due Sicilie regnante Ferdinando III re di Sicilia (1759-1825)
I due esemplari di carronate esposte, da 24 e 12 libbre, furono probabilmente prodotti dalle industrie del Regno delle Due Sicilie. Il termine Carronata deriva dall’inglese Carronade che prende il nome dalla Carron Company of Falkirk, in Scozia, dove vennero prodotti i primi esemplari negli anni fra il 1759 e il 1779.
La carronata, grazie alle sue caratteristiche di leggerezza, dimensioni ridotte e minor numero di uomini addetti per il suo impiego, era particolarmente adatta alle tattiche di combattimento ravvicinato.
Con la prossima inaugurazione del Museo nella la Torre Carlo V, in cui è prevista una sala dedicata alle artiglierie pesanti, l’Amministrazione Comunale intende restituire alla cittadinanza un pezzo importante della storia nazionale.
Salvatore Carreca
Vicepresidente regionale
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