Nato ad Enna il 15 febbraio 1774
Morto a Catania il 31 di agosto 1837
Giuseppe Alessi, che, lontano dalle brighe civili, e fra le domestiche mura, tutta spese la sua vita agli studi o alla utilità o allo splendore della nostra comune patria consacrandola, é uno di quei sapienti siciliani che non é guari furono dall'indiano morbo fatalmente mietuti. A ragione ora Sicilia lo piange, e dolorosa reclama che le sue virtù con quelle degli altri benemeriti dappertutto si proclamino, dappoiché, essendo ella dalla prisca magnificenza decaduta, solo il conforto le rimane di poter essere almeno conosciuta per le opere dell'ingegno e del cuore dei suoi cittadini, ancorché perduti, che valgano da un canto a rafforzare i superstiti nella patria carità, e a mostrare dall'altro allo straniero che in niun tempo i petti dei Siciliani son chiusi allo amore della sapienza, e che se in una età di sciagure han molto essi potuto, solamente volendo, ancor più potrebbono se le presenti circostanze mutassero e la prosperità venisse un'altra fiata a rallegrare questa isola prediletta dalla natura.
Da Saverio Alessi e da Luisa Maddalena nacque Giuseppe il di 15 febbraio 1774 in Castrogiovanni, città che col titolo di Enna fu assai dalle antiche istorie celebrata. Ad un suo zio materno, per integrità di costumi ragguardevole, fu affidata la morale e letteraria educazione del fanciullo, cui furono sempre in sin dalla puerizia instillati in animo i più puri ed efficaci ammaestramenti di virtù. Cominciati gli studi nella città natale, fu indi a qualche tempo mandato in Catania a compierli, ove per le speziali cure di monsignor Ventimiglia erano venuti molto in fiore. Ivi il giovine Alessi studiò l'eloquenza sotto Raimondo Platania che professavala nel seminario dei cherici; e siccome questi, di molto ingegno dotato, non avea saputo rimanersi pago a quelle amene discipline senz'altro, e internato si era nello filosofiche scienze, cosi trovossi in istato di potere ammaestrare l'Alessi nella filosofia e nelle matematiche altresì, che cominciavano a scortarlo ad un pensar sodo, e dalle frivolezze lo distoglievano. Apprese in seguito gli studi in divinità da Antonino Pennisi domenicano da Aci-Reale, che nell'istesso seminario dei cherici professavali, e che colla forza dell'ingegno avea saputo lodevolmente dalle scolastiche vanità disvilupparsi. Sebastiano Zappalà ultimamente, più per memoria che per ingegno distinto, gl'insegnò la ecclesiastica giurisprudenza. Alessi però tornato in patria ebbe il dolore di veder trapassare gli amati suoi genitori, e di dovere assumere al tempo stesso il carico della domestica economia e della educazione dei suoi fratelli. Ei già avea cominciato a far conoscere il suo merito, che lungo tempo non potea star nascoso in una città non grande, e pertanto fu eletto in età di soli ventidue anni maestro di belle lettere, e non molto appresso di filosofia. Assunto il ministerio di prete, e con esso l'obbligo di condurre a virtù i suoi simili, di ammaestrarli cercò colla sua voce dal pergamo e in patria e nelle ville circostanti. Due volte portossi in Catania per ottenere una parrocchia o quella di s. Bartolomeo, o l'altra di s. Cataldo che successivamente vacarono, ma non difettò di merito, solo l'età non reputata acconcia fu di ostacolo a' suoi desideri. Inviato in Palermo dai suoi cittadini collo incarico di procurare alla lor patria un vescovado, si legò in istretta dimestichezza coi più dotti uomini che vi fioriano, e singolarmente col Decosmi, che in alta stima lo tenne.Vero é che spesso la elezione degli studi particolari dalla naturale inclinazione di ciascheduno dipende, ma ancor più spesso vien determinata da talune circostanze che nella vita umana inaspettatamente si presentano, e le disposizioni dell'animo destano, dirigono, invigoriscono. Per la qual cosa il nostro Alessi, avuto in sorte di nascere in una città che mille gloriose reminiscenze per gli antichi avvenimenti civili offre al pensiero, e mille presenta in ogni luogo al guardo indagatore tra monumenti ed oggetti o per la vetustà delle arti da venerarsi, o per la utilità che natura chiude in suo seno da studiarsi, fu mosso potentissimamente in sin dalla sua giovinezza ad abbandonarsi alla storia naturale e civile, ed alla archeologia di Enna: le quali investigazioni estese tosto con senno a tutte le città della isola, perché tutte esser patria debbono dei buoni Siciliani, e dove più cose rinvenia da rischiarare, con maggiore affetto vi attendea. Alternava di quando in quando la lettura dei classici latini e greci, né le sacre discipline intralasciava. Ottenuta a concorso dopo mille opposizioni la cattedra di giurisprudenza ecclesiastica nella università di Catania, fu obbligato a lasciare la stanza di Enna, a lui molto cara, e trasferirsi nell'altra città, della quale tosto divenne uno dei principali ornamenti.
Giuseppe Alessi rivolgea frattanto in animo tutto che al progredimento della siciliana coltura era bisognevole, e non ignorava che l'isola nostra avea veduto in ogni secolo sorger più congregazioni di dotti, le quali o senza scopo alcuno vagando, o maggiormente di frivoli subbietti poetici intertenendosi, di niuno, o di pochissimo, e non ben manifesto utile erano elle sempre mai riuscite alla civiltà del popolo, solo mostrando di essere state accomodate alla età particolare in cui furono instituite. Vedea però che, mutati i tempi, novelli bisogni sorgeano, pei quali non più in prezzo tener si poteano le arcadiche pastorellerie, e che una generazione era venuta di gravi e severe investigazioni oltremodo desiderosa. Per questa considerazione trovossi in comunanza di taluni prestanti ingegni, che generosamente si travagliarono a gittar le fondamenta ad una novella accademia che appositamente si fosse intrattenuta della storia naturale della Sicilia, e delle fisiche scienze: opera veramente degna del suolo e del tempo che nascer vedeala: e che se per essa la dotta Catania ha ricevuto i più sinceri plausi dai sapienti stranieri, nel suo primo nascimento diede una luminosa testimonianza di essersi anco in Sicilia sentito il vantaggio di quel felice rivolgimento che per la intellettuale coltura si era operato nelle altre nazioni di Europa. Denominavasi Gioenia l'accademia a gloria del cavalier Giuseppe Gioeni per la sua litologia vesuviana, e pel museo che fondò di storia naturale, dagli stranieri conosciuto. Quanto si adoperò e quanto scrisse per quell'accademia l'Alessi, cel fa considerare come fervido e dotto naturalista. Nobile pensiero di quei primi fondatori si fu, come ho detto, di studiare ed illustrare le cose naturali dell'isola, e a maggiormente riuscire nel lor proponimento stabilirono di creare un apposito gabinetto. Alessi, siccome dei più zelatori, fu uno di quei deputati che l'accademia nella sua prima instituzione elesse per mettersi in comunicazione con tutti i soci corrispondenti e coi collaboratori dell'isola, per fare acquisto dei più rari ed interessanti oggetti naturali di Sicilia. Già intendevano taluni a formare un piano che la fisica e naturale scienza dell'Etna comprendesse, altri intorno alla flora etnea lavorava, chi alla geologia di quel monte, e chi alla mineralogia siciliana avea rivolto l'animo, ma Giuseppe Alessi cominciava le sue fatiche con la descrizione fisico-mineralogica della sua città natia, di Enna, e il di 11 novembre 1824 una memoria leggeane alla presenza del marchese delle Favare, allora luogotenente generale in Sicilia, ed una carta topografica all'accademia presentava, disegnata dal dotto inglese Riviers, e faceale dono eziandio di una ordinata serie dei minerali dell'ennese territorio.
L'Etna che da gran tempo avea tratto l'attenzione e di siciliani e di stranieri, e che vantar potea dotti scrittori delle sue eruzioni, non avea pur tuttavolta una storia che tutte le sparse notizie insieme raccogliendo ed ordinando dalla età più oscura ai giorni nostri pervenisse, senza lasciar cosa che all'assunto avesse potuto giovare. La eruzione accaduta a 18 maggio 1818 diede occasione a cosiffatto lavoro, perciocché essendo tratta in cima a quel monte il 2 luglio dell'anno stesso una folla di colti osservatori, insieme al conte Brocchi a Carlo Gemmellaro ed al prussiano Federigo Bonti vi si recò l'Alessi, e su quell'altezza istessa, scosso dal maestoso spettacolo che natura gli offeriva, magnifici concepimenti al pensiero vedea presentarsi di siciliana utilità, e tra le varie riflessioni fatte con quei valorosi geologi, il piano immaginò di una storia critica degli incendi etnei, che per tutti i secoli si stendesse a cominciare dai tempi favolosi. Questo divisato lavoro in più ragionamenti distese, che tutti in diversi anni si fece a leggere nella catanese accademia; prendendo le mosse dai tempi immemorabili e favolosi in fino all'anno mille ottocento trentatré, in cui l'autore finì di scrivere: opera che per le lodi di giornali italiani e stranieri é stata altamente celebrata. Bello e compiuto é il lavoro; molti vuoti supplisce, spezialmente nei tempi greci e latini; il dubbio e le incertezze con critiche osservazioni rischiara sulla filosofia, sulla cronologia e sulla filologia; e se talvolta vide l Alessi quello che veder non avrebbe dovuto, e nelle sue disanime andò fallito, dee notarsi a colpa della immensità e della disagevolezza delle sue ricerche, singolarmente nei tempi favolosi, nei quali tace la tradizione, e fra le oscurità é d'uopo ravvolgersi.
Oltre alle anzidette fatiche, due altre memorie compose che in quella stessa accademia furono lette, cioé l'una sopra gli ossidi di silicio, ed i silicati appartenenti a Sicilia, e sull'utile che trar se ne possa, e l'altra sulla vera origine del succino. Nella prima favellò di varie specie di minerali o conosciute o novellamente scoperte in Sicilia, e facendo conoscere gli usi e i lavori a che posson valere per la prosperità dell'agricoltura delle arti e de'mestieri, compianse la nostra miseria, ché potendo essere co' naturali tesori della isola indipendenti dagli stranieri, ci facciamo schiavi di quelle nazioni che della nostra infingardaggine profittano. Generoso sentimento di animo siciliano tendente a scuotere i cittadini dalla inerzia loro, e a procurare i vantaggi della comune loro patria! In bella mostra schierò sotto gli occhi degli ascoltatori la collezione di quei minerali che avea per suo studio raccolto in Sicilia, e dopo di averne colla sua orazione minutamente descritto i caratteri , e notato i luoghi particolari ove rinvengonsi, ne fe' dono al gabinetto di quella accademia. O ignota o non ben certa era pei naturalisti la origine del succino, e da più tempo Alessi vi avea posto l'animo. Molte varietà ne avea raccolte in Castrogiovanni, le quali sottoposte all'esperienze praticate con Gaetano Mirone e Salvatore Platania , alla presenza di Carlo Gemmellaro, gli fecero conoscere la vera origine del succino in una gomma transudante, sotto la corteccia e tra il liber di una legnile della specie del pino, o di tal albero somigliante, la quale scoperta con una sua memoria presentò all'accademia; ove iteraronsi gli esperimenti, e si videro corrispondere a quelli che già dall'Alessi si erano tentati. Fu lodata da tutti questa memoria, ed il giornale di farmacia di Parigi ne diede un compendio.
Scrisse in seguito l'Alessi un discorso che può servire d'introduzione alla zoologia del triplice mare che cinge Sicilia, ed un altro sulle ossa fossili ritrovate in ogni tempo in questa isola e recentemente scoperte in Siracusa, con osservazioni geologiche. La Sicilia in ogni tempo ha mostrato le zanne ed i denti molari degli elefanti fossili, ed i nostri musei n'eran pieni. Ma non molto dopo al 1830, nel qual anno molte scoprironsene nella grotta di Maredolce in Palermo, ordinate dal Bivona ed illustrate dallo Scinà, varie altre se ne rinvennero nel sito di Grotta Santa in Siracusa, nella quale occasione scrisse l'Alessi il suo discorso, e pria che lo Scinà avesse pubblicato il suo opuscolo, avealo egli presentato all'accademia. Ma per queste ed altre fatiche e per lo acceso zelo Alessi che nella prima creazione di quell'accademia era stato eletto membro del comitato, fu indi segretario alla classe di scienze fisiche, direttore del gabinetto, e finalmente segretario generale, col qual carico due relazioni distese che un picciol quadro racchiudeano de' lavori nel corso di due anni eseguiti, con tanto ordine, precisione e nobiltà annodati ed esposti, che piacevole ne riesce la lettura.
Fondavasi in Palermo l'Instituto d'incoraggiamento di agricoltura, arti e mestieri, e nei capoluoghi delle altre valli le società economiche si stabilivano, tendenti tutte a promuovere la prosperità nazionale, e con essa la civiltà, e la gloria del popolo siciliano. Tra' componenti della società economica della valle di Catania videsi l' Alessi, e con tutti gli altri attendere, perché conseguito si fosse l'ottimo scopo che loro era posto avanti. Per questa ragione ei nella generale adunanza del 30 maggio 1835 lesse un breve ragionamento sulla scoperta della magnesia solfata in Sicilia. E quando il governo per mezzo dell'Instituto di Palermo a tutte le società delle valli dava incarico di proporre i mezzi più acconci affine di estirpare le cavallette che in moltissima copia erano venute ad invadere e devastare le nostre più ubertose campagne, Alessi un'apposita memoria leggea , nella quale i suoi pensieri sull'assunto manifestava.
L'affetto per le naturali e fisiche scienze che tanta parte occupava dell'animo suo, non riusciva di ostacolo a quello per la patria erudizione, che forse con più potere che l'altro signoreggiavalo, ed i moltiplici suoi lavori, chiara testimonianza ce ne danno. A gloria dell'isola nostra qual pubblico professore della università di Catania, nel ripristinamento degli studi varie orazioni ci disse, che il senno degli avi nostri ricordavano. Con piacere rimembriamo la orazione latina intorno all'ingegno che hanno i Siciliani per le invenzioni, la quale meritò le Iodi della Biblioteca Italiana, e per l'abbondanza del santo amore di patria, e per la ricchezza di squisita erudizione, e per la eloquenza latina con cui fu scritta. Le altre orazioni poi sulle leggi siciliane, sopra Caronda e le sue leggi, l'elogio del cav. Giuseppe Gioeni, ed altro che in diversi anni nella sala della stessa università di Catania e' lesse, fanno conoscere quanto innanzi sentisse nella patria erudizione, e quanto amore ponesse nel diffonderla, eleggendola a subbietto dei suoi discorsi, meglio che le altre astratte, e speculative trattazioni, perciocché grande é l'efficacia dei fatti, e tra questi più vigorosi a muover l'animo della gioventù siciliana sono in ispeziallà quelli che le più belle glorie domestiche rammentano. Questi discorsi, e gli elogi de' due catanesi Girolamo Recupero, dotto naturalista, e di Lorenzo Rizzo Morelli tolto in gioventù alle speranze della patria, che promettevasi di vedere tosto in lui un anatomico di gran fama, davano a conoscere di avere acquistata l'Alessi qualche facoltà nel dire, se non per la purità di linguaggio italiano, che in ciò più nel latino riusciva, certo per la maniera di presentare le cose.
Cotidianamente Alessi studiava la storia di Sicilia, e conoscendo che questa assai manchevole sarebbe specialmente pei tempi antichi, se non si cercasse di vantaggiarla colla spiegazione delle monete, delle medaglie, delle iscrizioni, degli avanzi dei templi, dei teatri, e di tutt'altro, che alle rovine de' secoli é sopravvissuto, dalle quali investigazioni può sicuramente attingersi qualche profittevole conoscenza intorno i costumi, le usanze, e gli avvenimenti civili del popolo, con ardore allo studio dell'archelogia consacrossi, ed attese alla lapidaria, alla numismatica, alla iconografia, alla paleografia, alla diplomatica. Come appendice alla raccolta delle iscrizioni del Torremuzza, può considerarsi la lettera, che pubblicò sulle ghiande di piombo inscritte, trovate nell'antica città di Enna, per dilucidazione delle quali rammenta la loro origine, rischiara quelle ritrovate in Sicilia, ed altrove, e favella sulla maniera di lanciarle. Divisamento di Giuseppe Alessi fu di provare in questa lettera, che come gli antichi nelle prime guerre pugnarono con sassi, cosi a questi furono sostituite, nelle età successive, le palle o ghiande di piombo.
Se tutte io qui volessi partitamente esaminare le illustrazioni di alcuni sepolcreti ed iscrizioni appartenenti alla antica città di Catania , e delle medaglie greco-sicole di Enna, di Etna, di Taormina, di Girgenti, di Siracusa, e di altre nostre antiche città, lunga opera sarebbe, e possono agevolmente gli eruditi leggerle nel Bullettino archeologico di Roma, in quello di Ferrara, nelle siciliane Effemeridi, e nel Giornale di scienze lettere ed arti per la Sicilia.
Conosciuto quanto Giuseppe Alessi nella patria erudizione valesse, gli amici tutto di lo spingevano a scrivere la storia generale di Sicilia, ed e' tra per la immensità e per la disagevolezza del lavoro, e si anco per l'età, che di molto si era avanzata, loro scusavasi, dicendo di non potersi sottomettere a cosi gran peso. Purtuttavolta le iterate istanze degli amici lo vinsero, ed Alessi mise mano all'opera proponendosi di scriver prima la storia antica da' tempi favolosi insino alla caduta dell'impero romano, nella quale e' vedea l'origine, la grandezza ed il decadimento dell'isola nostra; riserbandosi poscia di scrivere la storia moderna, che dalla caduta dell'impero romano sino a' nostri giorni si distendesse. Di tale storia però non altro abbiamo alla luce che le due parti del primo volume, e la prima del secondo: ma, se pur vero é quel che si dice, possiamo sperare di vederla tutta comparire colle stampe essendo stata dallo autore pria di morire compiuta. Nella prima parte del primo volume cominciando a favellare dei Ciclopi, giunge sino alla guerra ed alleanza de' Sicani coi Sicoli. La seconda parte comprende il corso del tempo dai Sicoli fino allo arrivo delle greche colonie, e la descrizione fisica geografica storica della Sicilia dalla età favolosa sino alla venuta de' Greci. Nella prima parte poi del secondo volume dopo di aver presentato lo stato della Sicilia pria dell'arrivo delle colonie greche, passa ad esaminare la loro origine, il loro stabilimento, la fondazione delle nostre antiche città, e i governi, e i governanti, e le lingue e le costumanze e le divinità e i riti e le cerimonie e i giucchi, e tutt'altro, sino alla morte di Anassila.
Se noi ci faremo a considerare il titolo che Alessi volle donare all'opera cioé quello di Storia crìtica della Sicilia, facilmente si argomenterà ch'e' prese tutt'altra via per trattare l'assunto, che quella che batter si dee da coloro che amano di esser detti propriamente storici. La vera storia coglie le fisonomie de' tempi, e il carattere delle persone, annoda ed ordina i fatti, gli effetti e le cagioni ravvicina e congiunge, e la catena non interrotta degli avvenimenti civili con nobiltà e decoro presenta, disdegnando le favole e le cose incerte, e senza allargarsi in minute e stucchevoli disamine, che ogni leggitore agghiacciano, e distolgono dal principale subbietto. Cosi che la vera storia dev'esser critica senza presentare agli occhi altrui tutto l'apparato delle critiche osservazioni. L'opera di Giuseppe Alessi, sotto altro aspetto ravvisata, é utilissima, perché immensa erudizione presenta da poter servire di materiale a chi vuole, e può scrivere la vera storia di Sicilia , che tuttora ci manca. E' chiamò critica la storia per le osservazioni archeologiche, politiche, filosofiche e di ogni genere, rafforzate con l'autorità de'lunghi tratti di antichi scrittori e di poeti, e di filosofi, e di storici. Ed egli stesso confessava, che la parte favolosa potea riguardarsi siccome una introduzione allo studio della sicula archeologia.
Per l'amore alla patria erudizione e per la sua infaticabilità, era degno Alessi di vivere a' tempi di Mongitore, de' Di Blasi, degli Schiavo e di altri tali che nella passata generazione in pro delle cose siciliane si travagliarono; ma il corso del tempo che da quei benemeriti lo disgiunse, fe' sì che avesse avuto più coltura e politezza nelle sue erudite trattazioni. Ma il soverchio affastellamento di erudizione ed il giudizio rarissime volte vanno insieme congiunti, ordinariamente pugnan tra loro, ed il trionfo dell'uno é a discapito dell'altro. Per questo talvolta, sforzandosi di rischiarare la verità con ammassar testimonianze di autori e di fatti, senz'averne accorgimento ad Alessi la vera critica falliva. Spesso asserì cose che nemmeno avrebbe dovuto notare per dubbie, spesso parvegli inconcussa un'autorità, che in niun conto avrebbon gli altri tenuto, spesso di autori moderni si valse a pruovare le cose antiche, ed anco qualche fiata per inedita diede qualche o moneta che dappiù tempo conosceasi, o medaglia che della sua legittimità facea dubitare: e in ciò a mio credere più contribuiva la celerità con cui scrivea, e le cose scritte pubblicava. Bella é la erudizione, ma, se non sobria, é dannosa. Giuseppe Alessi quasi non volendo era trascinato ad usarne senza misura e senza esame per lo imperioso amore alle cose nostre, e più per la tenacità della memoria, ch'ebbe maravigliosa sin da fanciullo quando ripetea lunghissimi tratti de'classici, e per la sua viva immaginazione, che non gli dava tempo di ordinare e di confrontare convenientemente ciò che alla mente gli si presentava.
Per la moltiplicità delle opere, tutte per argomento e per utilità siciliane, era ad eminente grado dì reputazione venuto. Lodavanlo i più pregiati giornali di Sicilia, come parimente quelli della penisola della Francia e d'altrove: le adunanze letterarie patrie, o straniere, nel numero dei loro componenti aggiungevamo, e siccome il suo nome conosciuto era nell'Italia e di là dalle Alpi, ricercato venia da quei viaggiatori che si conducevano in Catania. In guiderdone ai tanti suoi meriti ebbe un canonicato nella chiesa collegiata, fu eletto rettore nel collegio delle arti, ed era stato nominato con altri per un vescovado, ma non so per qual ragione conseguire non poté quello del quale sarebbe stato meritevole.
Cupido di gloria, i suoi pensieri insin dalla età giovanile ad essa rivolse, e con ogni possa procurò di acquistarla. Questo ardente amore della propria reputazione non lo inebriò talmente da farlo inorgoglire, o da fargli riguardar gli altri con austero sopraciglio, che anzi serviagli sempre di sprone ad opere novelle, e tutto che si fosse stato di indole grave e severa, di urbani modi usava nel conversare, a tempo di piacevoli motti valeasi, e sempre con giudizio alla condizione ed alla intelligenza diversa di ciascheduno accomodavasi. Amorevole co' suoi congiunti, la santità della amicizia teneva cara, e costante e generoso amico addimostravasi. Amava sinceramente la patria, ma come che fervido siffatto amore sentisse nel suo petto, non abbandonavasi ciecamente a guisa che fanno coloro che alle picciole ed inette cose vanno dietro, ma meglio desiderava contribuire con l'opera sua a promuovere il comun bene de' Siciliani, utili dottrine diffondendo, massime di virtù instillando, e ragionamenti pubblicando che avessero potuto ricordare la prisca magnificenza di Sicilia, il cui decoro principalmente era guida, e norma alle sue azioni: né la asprezza delle fatiche lo scoraggiò, né gli ostacoli che frapporre si sogliono in verun modo lo arrestarono. A quei giovani studiosi che a lui per consiglio ricorrevano, e' quasi come affettuoso padre a' figliuoli con tutta benignità soccorreva, ora nel miglior sentiero da battere i meno esperti avviando, ora con sani ammaestramenti fortificando quelli che a lui pareano essere bene avviati. Desideroso era dell'onore della università di Catania, alla quale per la cattedra di giurisprudenza ecclesiastica appartenea, e per quanto gli era possibile vi si adoperava, inculcando a tutti i professori ch'eglino un sol corpo componevano, come solea dire, e che perciò l'utile reciproco doveano con amorevolezza ricercare, e che un'anima sola un sol pensiero avere doveano diretto a promuovere la coltura e la civiltà. Per la qual cosa e', tutto che era professore di dritto canonico, la mancanza degli altri allo stesso tempo suppliva, e tra le altre lezioni diede quelle di filosofia e di pandette. Questo sentimento di fraternità proccurava di fare allignare in tutte le unioni letterarie, e nella Accademia Gioenia principalmente, e nella Società Economica, nelle quali con buoni modi gli animi discordi a concordia componea, anzi ogni cagione di liti appena nata spegnea, cosicché discacciando lo spirito di parte , col suo esempio, piucché qualunque altro, alle belle ed utili fatiche i suoi compagni spronava. Pieno avea l'animo di generoso desiderio di veder progredire gli studi, e ad essi costantemente attendeva, né le vicissitudini del 1820, quando Sicilia vide per tutto movimenti e passioni, velo distolsero, che appunto in quell'anno metteva alle stampe l'elogio di Lorenzo Rizzo Morelli il di 19 luglio dell'anno stesso tolto alle speranze di Catania. Giuseppe Alessi quel denaro che qualche volta ai comodi della vita negava, tutto per libri e per oggetti naturali di belle arti e di antichità profondeva. Le stanze della sua casa poteano considerarsi come un museo, perciocché da ogni parte ordinatamente scorgevansi gessi, monumenti antichi, roccie, minerali, insetti, conchiglie straniere e sicule, ossa fossili, pietre incise, collezioni di stampe, di vasi, d'idoletti grecosicoli ed egizi di bronzo, di creta, di granito, con due preziosi e ricchi medaglieri di medaglie greco-sicole e romane d'oro, di argento, di rame. Amante com'era delle belle arti, ed in ispecial modo della scoltura e della pittura, eccellenti quadri avea raccolto, e scrisse su taluni argomenti di storia di Catania divisati in pittura, per uso del principe di Manganelli.
Era di bella persona, di statura alta, di complessione robusta, grave nel portamento; il naso avea regolarmente conformato, e più traente all'aquilino, gli occhi vivi e penetranti, alta e convessa la fronte, il colore del volto tra bilioso e pallido, calva la testa. Tale Giuseppe Alessi offriasi, già pervenuto al sessagesimoterzo anno dell'età, pria che le calamitose vicende del cholera avessero bersagliata Sicilia, e ci godea l'animo vedendo che tra tanti altri sapienti cercava sempre il meglio e l'utile della sua patria: ma quando questo feroce tempo di sciagure sopragiunse, quando, oltre a mille altri danni, i buoni senza compianto trapassavano, e senza estrema pompa co' vili e co' tristi erano indistintamente confusi, Giuseppe Alessi finia di vivere in Catania il di 31 di agosto 1837, fra le braccia di un'amata sorella che pietosamente soccorrevalo ; ad essa, e ad un'altra che stava per esalar l'anima sentimenti di religione e coraggio inspirando, senza mutar viso a quei mali che atrocemente imperversavano. E' trapassò; ed ora altro di lui non ci rimane che la dolce rimembranza delle virtù.
Bernardo Serio
(Biografie e ritratti d'illustri Siciliani morti nel cholera l'anno 1837 - Palermo - 1838)
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