lunedì 28 settembre 2009

La Sicilia tra tradimenti ed eroismi, durante l'invasione garibaldina


La caduta del Regno delle Due Sicilie, era ormai nell'agenda delle principali nazioni europee(Francia ed Inghilterra) che si servirono del Piemonte e delle sue mire espansionistiche (ma soprattutto del suo debito pubblico mostruoso).

Tra le cause maggiori del crollo della nazione duosiciliana, vi è sicuramente l'infiltrazione degli ideali massonici e (pseudo)liberali all'interno della classe dirigente politica (ma soprattutto militare) dello Stato; ben nascosti dietro l'apparentemente positivo valore dell'unificazione nazionale(1).

I soldati e gli ufficiali borbonici, nella loro stragrande maggioranza, rimasero fedeli al loro giuramento, non si può dire lo stesso dei generalissimi come il nostro Lanza, che in più di un occasione tolsero letteralmente la testa di Garibaldi dalla lama della baionetta.

Questi soldati ed ufficiali a causa della loro lealtà, crearono non pochi problemi ai piani dei generali traditori: nemmeno gli errori tattici potevano giustificare la vittoria di Garibaldi perchè la differenza numerica e militare tra l'esercito borbonico e quello garibaldino era tale che un esito diverso dalla disfatta del Dittatore era impossibile.
Ecco cosa accadde infatti quando Von Meckel si ravvide dell'errore commesso:

"Il 30, nel mattino, Lanza manda a chiedere a Garibaldi una sospensione d'armi, da trattarsi, ov'egli acconsenta e ne fissi l'ora, a bordo della nave ammiraglia britannica. Fu risposto, che l'armistizio comincerebbe a mezzodì; a un'ora avrebbe luogo il convegno. Intorno alle 10, una colonna di truppe borboniche, sopraggiunta d'improvviso dalla strada di Misilmeri, attacca vigorosamente la Porta di Termini, quella stessa pur cui era entrato Garibaldi, sbaraglia gli appostamenti degl'insorti, rincaccia gli accorsi garibaldiani, prende d'assalto con impeto irresistibile otto barricate e s'impossessa della Fiera Vecchia. Era De Mechel, che, tardi riavutosi dall'errore, avea battute le orme dell'avversario, ed ora, privo d'istruzioni, agiva di suo capo. Invano Lanza manda ufficiali sopra ufficiali ad arrestarne i progressi, invano l'inglese ufficiale Wilmot, che, recando il consenso dell'ammiraglio, erasi trovato in mezzo alle schiere vincitrici, affermava la tregua. De Mechel avanzava sempre, e, già a pochi passi da Via Toledo, un movimento contemporaneo da Palazzo Reale avrebbe bastato per ripigliare con sicuro successo il resto della perduta città. Divenuto universale fra gl' insorti lo scoramento, i garibaldini gridano: siamo perduti, i Siciliani gettano le armi ed i nastri tricolori, chiedendo mercé. A quella vista desolante, Garibaldi, accorso ove più ferveva la mischia, si precipita innanzi alla barricata, cui accorrevano i regii. In quel mentre una bomba lanciata dal castello cade a un passo da lui, i Napoletani spianano i fucili pigliandolo a mira; nello stesso istante una voce possente ordina risolutamente di non far fuoco. De Mechel, maledicendo a Lanza, obbediva"(2).

In passato, ma ancora oggi il Regno delle Due Sicilie viene identificato come uno stato povero, ma non è così: esistono diversi documenti che dicono il contrario, tabelle che ci indicano chiaramente lo stato economico delle ex Due Sicilie, ma vale più di ogni altra prova l'assenza dell'emigrazione dal Sud Italia.

Anzi, incredibile a dirsi, il Regno delle Due Sicilie era un paese di immigrazione.
Qualche anno fa, è uscito un articolo su una nota rivista telematica svizzera, che raccontava dei flussi migratori esistenti tra la Confederazione ed il Regno di Napoli.
La pasta Voiello, nota in tutto il mondo come simbolo della gastronomia italiana, ha in realtà un'origine svizzera come ci racconta SwissInfo, infatti il suo fondatore non faceva Voiello di cognome, ma Von Wittel, e proveniva dal cantone tedesco. L' italianizzazione del suo cognome fece si che la sua ditta divenisse famosa per la più napoletana delle paste.
Di tracce svizzere nel regno borbonico se ne trovano parecchie, vedi i reggimenti svizzeri dell'esercito, quindi lo stesso Von Meckel.
E che dire della Pasticceria Svizzera di Catania, di proprietà dei Caveziel. Ma anche a Palermo sono segnalate famiglie di orgine elvetica.

Nei libri di storia c'è scritto che nelle Due Sicilie si pativa la fame, che la miseria era dilagante, ma non si è mai fatto il raffronto tra il contadino siciliano e quello lombardo o piemontese(o quelli francesi ed inglesi).
Si parla di povertà come se la povertà oggi non fosse esistente, dando ad essa un significato assoluto, quando la povertà ne ha uno relativo.Esistono studi e leggi che identificano la soglia di povertà: dunque un povero contemporaneo non è certamente paragonabile ad un povero dell'800.
Sono convinto che agli occhi di un contemporaneo, la povertà di un uomo del'800, sarebbe certamente insopportabile.
Quello che sappiamo di sicuro è che il contadino brianzolo dopo l'Unità si fa la fabbricheta, quello siciliano la fa pure, ma a New York.....

Però le statistiche dell'epoca ci dicono che la Sicilia era la terza regione per occupati nel settore industriale, e la prima in percentuale alla popolazione.

Nel corso dell'ultimo pezzo del Di Bella, si è parlato dei tradimenti dei comandanti siciliani come Landi e Lanza, soprattutto su quest'ultimo si ha la prova certa del suo tradimento, infatti la famosa fede di credito di 14 ducati che Garibaldi staccò a Lanza, è ancora oggi conservata e disponibile alla pubblica visione, presso l'archivio storico del Banco di Napoli, nel capoluogo partenopeo.
E' noto inoltre che a Palermo, durante l'imbarco "forzato" del numeroso esercito borbonico per ordine del Lanza, un soldato napoletano gli chiese: "Eccellé, o’ vvi quante simme. E ce n’aimma’í accussí ?". Ed il Lanza gli rispose : "Va via, ubriaco"

A causa di queste ed altre situazioni, ricordate anche dagli articoli di Di Bella, passa oggi l'idea sbagliata che a tradire furono soprattutto i comandanti siciliani.
Ciò avviene perchè i libri dell'epopea risorgimentale hanno sempre nascosto le gesta eroiche che accaddero dall'altra parte della barricata.
Come non ricordare ad esempio le imprese del colonnello palermitano Ferdinando Beneventano del Bosco, il quale aveva ben capito la mossa di Garibaldi, che sarebbe piombato dritto su Palermo:

"L' astuta tattica di Garibaldi è bene intesa dal generale Colonna e dal Maggiore Del Bosco, che invano insistono presso De Mechel onde ritorni senza indugio in Palermo, dove sicuramente, diceano, poteva l'avventuriere, abile partigiano qual é, ripiegare, sapendola sfornita delle più elette soldatesche dilungate ad inseguirlo sopra falsa via. De Mechel tien fermo, continua la marcia per Corleone, a piccolissime tappe, ostinandosi a dire a Del Bosco, che, presago della sventura, gli proponeva di prendere almeno la via di Marineo: «Marciate per Corleone con l'avanguardia ; prenderò tutto sopra di me.» E Del Bosco fremente arriva a Corleone, attacca i garibaldini guidati dall' Orsini, lor toglie due cannoni, e per lungo tratto li insegue senza poterli raggiungere"(3).

O altri purtroppo meno noti come il tenente Benedetto Pavone, il brigadiere Cesare Anguissola, il colonnello Francesco Cobianchi e tanti altri che attendono ancora l'onore del riconoscimento storico.

Concludo con questa massima che secondo me rappresenta in poche righe il nostro passato e, spero, il nostro futuro:

"La società ha bisogno di grandi scosse, o di tristi prove, per ricondurla agli eterni principi d'ordine e di governo" - Capefigue

Davide Cristaldi

(1) Quanto può durare un matrimonio forzato?
(2) Delle recenti avventure d'Italia - Venezia - 1864
(3) Ivi.

Nessun commento: