venerdì 3 aprile 2015

Identificato un “telegrafo ad asta” borbonico nell’Isola di Marettimo

La “casetta” di Pizzo Lisciannaro nell’Isola di Marettimo. In lontananza, sul fondo, visibile il Castello di Punta Troia. Fonte: Archivio Associazione A.C.S.R.T. - Marettimo
MARETTIMO (TP) - Semaforo o Telegrafo? Nella dualità del suo nome va riscritta la storia di un vecchio edificio sito, a 515 metri di altezza, su un piccolo pianoro della montagna dell’Isola di Marettimo, poco al di sopra di Pizzo Lisciannaro.
“Fabbricato nel 1888, per incarico del Genio Militare di Palermo, dall’impresa palermitana Costruzioni Sciortino-Oliva [,] nel 1912, a causa dei cattivi risultati conseguiti per la fitta nebbia, l’Autorità Militare Marittima sgombrò e abolì da quella pittoresca vetta il “semaforo”, lasciando, da quell’epoca ad oggi, l’immobile completamente abbandonato, in balìa di se stesso e di tutte le intemperie…”. Così recita un passo del libretto di P. E. Duran “Una perla in fondo al mare, sintesi storica-politica-sociale dell’Isola di Marettimo”, edito a Genova nel 1928, attestando sul ruolo di semaforo la funzione svolta da quell’edificio. E così è stato creduto fino ad oggi.
Il recente rinvenimento di alcuni decreti, firmati durante il periodo borbonico (1734 – 1861) da Ferdinando I e Ferdinando II, associati ad altri documenti dell’Ottocento e a una testimonianza scritta di Padre Zinnanti Regio Cappellano della Real Chiesa di Marettimo fino al 1912, ha portato, però, alla identificazione di un “telegrafo ottico”, costruito sullo stesso sito poco dopo il 1816. È, pertanto, ragionevole pensare che la costruzione, di cui fa cenno Duran, si riferisca non a una nuova costruzione, ma alla ristrutturazione di una vecchia torre (o casolare) preesistente, parte integrante di un vecchio telegrafo.
Cerchiamo di completare l’asserto con qualche cenno storico, premettendo nello stesso tempo una distinzione chiarificatrice tra i termini “semaforo” e “telegrafo”:
* semaforo è un posto di vedetta e segnalazione, per lo più in prossimità del mare, non organizzato in rete, predisposto a trasmettere segnali codificati;
* telegrafo è una stazione abilitata a trasmettere e ricevere con stazioni multiple successive, quindi organizzate in rete, non solo segnali codificati, ma anche segnali corrispondenti, in un conveniente codice, alle lettere dell’alfabeto, alle cifre e ai segni di interpunzi
A partire già dai primi anni dell’insediamento dei Borbone nel Mezzogiorno d’Italia, le aree costiere siciliane furono interessate da una rete di “stazioni di osservazione”, dislocate a breve distanza tra loro, con il preciso intento di avvistare e comunicare le frequenti e rapide incursioni della marina piratesca, che aveva le sue basi nelle vicine coste della Tunisia e dell’Algeria. Questi “semafori” erano in grado di trasmettere e ricevere solo segnali convenzionali, del tipo “nave nemica”,  “incendio a bordo” e così
telegrafo chappe
via. Verso la fine dello stesso secolo, il Settecento, a seguito dell’invenzione da parte del francese Claude Chappe del “telegrafo ottico”, i semafori furono convertiti in telegrafi ottici, abili a trasmettere non solo segnali convenzionali come quelli dei semafori, ma anche segnali rappresentativi di lettere numeri e segni, generando di fatto una rete di trasmissione e ricezione a distanza di testi, definita pertanto “telegrafica”, in accordo con il neologismo “telegrafia”, coniato dallo stesso Chappe.
Il telegrafo ottico di Chappe essenzialmente consisteva in un apparato costituito da due braccia mobili, incernierate alle estrenità di una traversa, a sua volta collegata centralmente all’estremità superiore di un’alta torre. Con opportuni rinvii meccanici, su comando manuale dal basso, i tre bracci potevano assumere posizioni angolari diverse, per un totale di “n” combinazioni, a cui si facevano corrispondere messaggi convenzionali, lettere dell’alfabeto, numeri e segni.  Le braccia erano nere per assicurare un alto contrasto con lo sfondo del cielo. Al sistema veniva associato un telescopio, che allineato su un altro semaforo, identificava il segnale trasmesso. La novità dell’invenzione di Chappe non risiedeva tanto nella tecnica del “telegrafo” e nel suo impiego, quanto nel codice elaborato dallo stesso Chappe. Questo codice consisteva in un vocabolario di ben 92 pagine, ciascuna delle quali contenente 92 termini. Il protocollo di trasmissione prevedeva un primo segnale emesso, indicante la pagina di riferimento del vocabolario, e un secondo, legato al numero identificativo della
telegrafo depillon
parola usata nel dispaccio e contrassegnata nella pagina stessa. In questo modo con una associazione di soli due segni si ottenevano 92 x 92 (8464) combinazioni, corrispondenti ad altrettanti messaggi a senso compiuto. Il messaggio poteva essere trasmesso solo di giorno e in condizione climatiche favorevoli.
Il sistema fu considerato subito molto innovativo dalla Francia di fine settecento e, anche se costoso e un po’ artificioso, divenne essenziale per il paese. Napoleone ne fu entusiasta e diffuse il telegrafo Chappe non solo su tutto il territorio francese, ma anche su quelli europei in cui esercitava la sua influenza.  Anche l’Italia ebbe la sua rete di telegrafi ottici. Il modello Chappe fu applicato in Piemonte, Lombardia e altre regioni del Nord Italia, mentre nel Mezzogiorno, sotto il controllo dei Borbone, si diffuse il telegrafo ottico di Depillon, un modellopiù semplice e più pratico di quello di Chappe. Tale sistema, che funzionava con la movimentazione di tre braccia (o aste), venne installato a partire dal 1812 in dipendenza dal “Corpo Telegrafico Militare” della Real Marina del Regno delle Due Sicilie. Parimenti al modello di Chappe le tre ali segnalatrici venivano azionate manualmente da un “segnalatore”, posto alla base del palo telegrafico, ruotando dei volanti: la posizione assunta da ogni braccio corrispondeva ad un numero e l’associazione dei tre numeri dava come risultato una cifra che rinviava, nel “vocabolario telegrafico”, a una frase ben precisa, a lettere o a segni. Il segnalatore della postazione traguardata, dotato di un telescopio, trasmetteva a sua volta il messaggio a un altro telegrafo. Si potevano trasmettere fino a 342 diversi messaggi: il numero “143”, ad esempio, indicava letteralmente “Le vele scoperte sono da guerra”, ovvero che le navi avvistate al largo non erano mercantili ma militari.
decreto 1821
Il telegrafo ottico a Marettimo venne costruito su decreto del Re Ferdinando I di Borbone (già Ferdinando IV), emesso il 14 settembre 1816; e comparve, nel 1818, tra “i posti telegrafici esistenti in Sicilia” - insieme a quello di S. Caterina a Favignana -  elencati in una pubblicazione delle Ordinanze Generali della Real Marina del Regno delle Due Sicile. Questi documenti, però, non forniscono alcuna indicazione sulla località in cui il telegrafo venne realizzato. L’indicazione ci perviene, invece, dal Portolano dei Mari Mediterraneo e Adriatico, compilato dal Cav. Luigi Lamberti nel 1871, che, alla voce “Isola di Marettimo”, riportando l’espressione “… a levante del telegrafo che si vede in mezzo all’isola …” non lascia dubbi sulla identificazione dell’odierno edificio con quello descritto dal compilatore.
Nella Guida Statistica su la Sicilia e sue isole adjacenti, redatta dall’idrografo Francesco Arancio nel 1844, Marettimo non compare più come sito di una stazione telegrafica; il dato è confermato da una “Mappa delle linee telegrafiche del Regno delle Due Sicilie”, risalente al 1860, e ritrovata recentemente a Messina. Probabilmente la decisione fu presa per le difficoltà di collegamento e di approvvigionamento dell’Isola nei mesi invernali.
Dopo l’Unità d’Italia, verso il 1870, per il sopraggiungere della “telegrafia elettrica” via filo, nella riorganizzazione generale del sistema delle comunicazioni, i telegrafi ottici furono sostituiti con sistemi elettrici e molti di quelli dislocati lungo le coste e le isole disagiate furono trasformati in semplici semafori, predisposti per la sorveglianza del mare e per la diffusione delle condizioni meteo alla navigazione, associandosi alle funzioni svolte dai fari.
telegrafo rds 1860
Stralcio della mappa
delle linee telegrafiche
del Regno delle Due Sicilie,
risalente al 1860, rinvenuta a Messina.
Fonte: Archivio Davide Cristaldi
I castelli di Punta Troia e di S. Caterina, parzialmente distrutti dopo l’invasione dei rivoltosi del 1860, cessarono la loro funzione di carceri. Santa Caterina continuò a svolgere la funzione di telegrafo all’interno della rete telegrafica di pertinenza del distretto compartimentale della Sicilia occidentale, mentre il castello Punta Troia fu destinato all’abbandono. In seguito, come testimonia Padre Zinnanti (vedi: Sacerdote Mario Zinnanti   Cenni storici delle Isole Egadi   Tip. G.Genovese, Monte S.Giuliano, 1912, pag. 18), vi fu impiantata “una stazione semaforica di vedetta con comunicazione telefonica col semaforo di Monte Lisandro [Pizzo Lisciannaro], in cui un tempo esisteva il telegrafo ad asta comunicantesi con quello di Santa Caterina in Favignana”
Da quest’ultima testimonianza emergono tre dati significativi:
il primo riferito alla preesistenza di un semaforo situato a Monte Lisandro alla data di pubblicazione del libretto;
il secondo legato alla realizzazione di un semaforo all’interno del Castello di Punta Troia e di un collegamento telefonico tra detto semaforo e Monte Lisandro, la cui data non è espressa, ma è presumibile che ricada sotto il terzo governo Giolitti (1906-1909), come lo stesso Zinnanti fa intuire con la sua puntualizzazione “… sotto il nostro Governo …” quando vuole caratterizzare temporalmente quell’evento; (la decisione di realizzare un’altra vedetta a Punta Troia verosimilmente si legava alla necessità di controllare una più vasta area marina, allora battuta dalla marineria turco-ottomana; infatti le mire espansionistiche giolittiane verso il Nord Africa suggerivano quei preparativi strategici che già preludevano alla guerra di Libia, regione allora controllata dall’impero ottomano);
il terzo correlato alla pregressa attività, nel pianoro di Monte Lisandro, di un “telegrafo ad asta”, nome comunemente dato, allora, al telegrafo ottico modello Depillon.
Pertanto, l’esistenza del telegrafo ottico a Marettimo, accertata attraverso i decreti di Ferdinando I e Ferdinando II , il Portolano di Luigi Lamberti  e la testimonianza scritta di Padre Zinnanti conducono alla inequivocabile identificazione di un “telegrafo ad asta” nel pianoro sovrastante il Pizzo Lisciannaro dell’isola di Marettimo, ancora prima del 1888, che l’unica informazione conosciuta oggi, quella del Duran, considera come anno di prima realizzazione del vecchio fabbricato.
Degli oltre cento telegrafi ottici, modello Depillon, sparsi lungo tutta la costa siciliana per opera dei Borbone, oggi sono rimaste pochissime tracce. Si annoverano  solo quelli di Riposto (CT), di Porto Empedocle (AG), di Noto (SR). Il decadimento, la trasformazione, l’oblio hanno cancellato la conoscenza di quell’evento tecnologico originario che segnò l’inizio della moderna era delle telecomunicazioni. Per quasi tremila anni la velocità massima di trasmissione di un messaggio era rimasta ferma a quella del cavallo. Con la discontinuità tecnologica di Chappe, nel giro di pochi decenni, quella velocità avrebbe raggiunto il suo valore massimo, quello della luce.
Vogliamo ora dare un nome al nostro sito?  Sia ‘u Telegrafo! Nel rispetto della priorità del tempo e del valore della scienza.
Emilio Milana

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sabato 14 marzo 2015

Si dice 'arancino' o 'arancina'? Un dizionario di epoca borbonica risolve la vecchia diatriba tra catanesi e palermitani

CATANIA - Si dice ARANCINO O ARANCINA? Da almeno un secolo ormai questa diatriba affligge gli abitanti della costa est ed ovest della Sicilia.
A Palermo sembrano non avere dubbi, si dice "Arancina". No si dice "Arancino" ribattono i catanesi. Dopo tanti anni di lotte a colpi di etimologia, la storia sembra dare ragione ai catanesi: anche a Palermo infatti, durante il Regno delle Due Sicilie, si diceva "arancino".
E' probabile che nella Sicilia occidentale il termine si stato storpiato nel corso degli anni, cosa che non sarebbe avvenuta nel catanese.
Così risulta infatti dal rinvenimento di un dizionario siciliano del 1857 stampato a Palermo:
Davide Cristaldi

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mercoledì 11 marzo 2015

154° ANNIVERSARIO DELL'EROICA DIFESA DELLA REAL CITTADELLA DI MESSINA

MESSINA - Dai Borbone ai barboni, dall’Ordine al caos, dall’Architettura alla spazzatura, questi alcuni dei titoli che potrebbero raccontare la situazione di degrado del sito urbano divenuto simbolo del declino di una città, di una regione, di una nazione. Da oltre 150 anni si perpetua il crimine contro la bellezza dei luoghi, contro un monumento insigne (vincolato per legge!), contro la serenità con cui un popolo deve guardare alla storia, al proprio passato.
Dal secondo dopoguerra la Zona Falcata, ed in particolare il perimetro della Real Cittadella è divenuto il ricettacolo di ogni possibile vergogna, trasformato dal Comune di Messina, prima in deposito dei rifiuti solidi urbani e quindi, negli anni settanta, in sede dell’inceneritore, la cui carcassa rimane ancora oggi incombente, a ricordo dell’insipienza amministrativa della nostra classe dirigente.
Falsando spudoratamente la storia, si continua a mantenere nel più squallido ed evidente degrado un monumento ed un luogo emblematico di eterni valori quali Onestà, Dignità, Fedeltà e Onore, valori che per secoli hanno vivificato la Cultura Occidentale.
Malgrado il lungo assedio, noi continuiamo a resistere e come ogni anno portiamo fiori ed alloro in quella che è un’immane pattumiera nel cuore della città, certi di trasformare un giorno queste imponenti mura in un monumento alla Bellezza e non al degrado, alla Cultura e non alla barbarie, così come seppero fare i valorosi soldati duosiciliani a Gaeta, a Messina e a Civitella del Tronto nel 1861.

Ritorna anche quest'anno lo storico appuntamento con l'importante fortezza messinese.

Il programma prevede:
Sabato 14 Marzo
- Ore 11.30 Visita al modellino della Real Cittadella presso l’Istituto “Verona - Trento” (Via U. Bassi, 73).
- Ore 17.00 Omaggio floreale alla statua di Ferdinando II di Borbone, capolavoro di Pietro Tenerani.
- Ore 17.30 Visita alla Chiesa Gerosolimitana di San Giovanni di Malta, già Cappella Palatina della Real Casa Borbone (Via San Giovanni di Malta, 2), a seguire interventi programmati.

Domenica 15 Marzo

- Ore 10.00 S. Messa in suffragio dei caduti presso la Chiesa di San Giuseppe al Palazzo (Via C. Battisti, 109).
- Ore 11.30 Commemorazione e deposizione corone, Bastione S. Stefano della Real Cittadella.
Per chi volesse prenotare la cena del sabato ed il pranzo di domenica o per eventuali altre informazioni ci può contattare allo 3404630651.

Marco Grassi

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venerdì 13 febbraio 2015

Ritratto a tre colori di Ruggiero Settimo

Ruggiero Settimo in "divisa d'ordinanza tricolorata"
CATANIA - A volte capita nella vita di fare di quelle scoperte che rendono improvvisamente carta straccia decine di libri agiografici e convizioni ideologiche che rasentano il fanatismo. E' il caso di uno dei personaggi che spiccano dall'archivio storico dei Grandi del Risorgimento Italiano, sezione "Separatismo Siciliano", il siciliano Ruggiero Settimo dei Principi di Fitalia, personaggio centrale ed eroe dell'Unità d'Italia, almeno così si riterrebbe a giudicare dalle vie, piazze e vicoli a lui dedicati in tutta Italia e non solo in Sicilia.
Se l'intitolazione di qualche strada ad un personaggio della levatura del Settimo non bastò a farne di lui un pilastro del Risorgimento, di certo aiutò molto la carica ricevuta di presidente del Senato del Regno d'Italia[1] che pur volendo non potè esercitare perchè avanti nell'età e per questioni di salute, come lui stesso ammise[2]. Ma se nemmeno questo era bastato a rendere la figura del Settimo "tra le più pure e più accette glorie del risorgimento italiano" [3] ci sarebbero nel suo ricco curriculum i titoli di "Cavaliere dell'Ordine Supremo della Santissima Annunziata" e "Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro" [4] massime onoreficenze di Casa Savoja che il re di Torino concesse al Settimo nel 1860, ma fino ad allora riservate solo a Re, principi ed Imperatori.
Non si renderebbe giustizia a tale campione dell'Italianità se ci dimenticassimo di menzionare anche la lettera di lodi che il Ruggero Settimo scrisse a Garibaldi. (rimetto qui il link per comodità)
Ma se tutto ciò non dovesse ancora essere sufficiente per far si che il vecchio Principe di Fitalia, fosse considerato un perfetto patriota garibaldino e fervido sostenitore della tricolorata bandiera, ecco la prova finale che toglie ogni dubbio su quella persona che fino a qualche anno prima, era, e si considerava un "patriota siciliano" e che dimostrano quanta acqua fosse passata sotto i ponti da quando fu nominato Presidente del Consiglio Rivoluzionario del Parlamento Siciliano durante i famosi fatti del '48-49.
Il dipinto in alto rappresenta un ritratto del Settimo con nastro tricolore al petto, opera del pittore ottocentesco Giuseppe Mazzone di Vittoria (RAGUSA), personaggio di nota fede garibaldina...

Davide Cristaldi
Fonte: Comitato Storico Siciliano

[4] "Pei solenni funerali di S.E. Ruggiero Settimo celebrati a 1° giugno 1863 in Modica nella insigne chiesa nazionale del Cuor di Gesù. Elogio funebre scritto e recitato dal cav. Giuseppe Rubbino, Modica, Ed. La Porta, 1863, pp. 6"

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giovedì 17 luglio 2014

Visita guidata al Real Collegio Borbonico di Bronte e del dipinto di Ferdinando II

CATANIA - Il Comitato Storico Siciliano, l'Associazione Culturale "Bronte Insieme", il gruppo facebook "Sicilia Borbonica", l'Associazione "Officina 667", l'Associazione "Parlamento delle Due Sicilie" e la Rete delle Associazioni delle Due Sicilie sono lieti di invitare i propri amici alla visita guidata che si terrà a Bronte il 9 di agosto alle ore 11 del mattino presso il "Real Collegio Borbonico di Bronte" (oggi Collegio Capizzi) ed al rarissimo dipinto di S.A.R Ferdinando II di Borbone, re del Regno delle Due Sicilie in uniforme di colonnello del 1° Regg.to  di Linea "Re".


Come altre iniziative similari, anche quella di Bronte si svolgerà all'insegna della riscoperta delle proprie tradizioni culturali e del ricco patrimonio storico che il periodo borbonico e del Regno delle Due Sicilie ha lasciato alla Sicilia, in particolare alla zona etnea, che ebbe un periodo di forte sviluppo economico e sociale durante quell'epoca d'oro.
Accompagnatore e cicerone sarà il Prof. Franco Cimbali dell'Ass. Bronte Insieme
Si raccomanda la puntualità.

Davide Cristaldi
Comitato Storico Siciliano

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sabato 22 marzo 2014

Convegno sul tema "Aggiustare l'Italia. Le verità taciute ieri ed oggi sul Sud".


ZAFFERANA ETNEA (CT) -  "L’Italia è stata fatta male e raccontata peggio". 
Il Sud fu invaso senza dichiarazione di guerra, saccheggiato, privato delle più elementari libertà:
arresti, deportazioni, fucilazioni di massa, rappresaglie con interi paesi rasi al suolo, stupri. Una guerra civile durata molti anni e nascosta fra le pagine della storia come una questione di ordine pubblico: Brigantaggio. Poi fu l’emigrazione, fenomeno prima sconosciuto a Sud. Fuggirono in venti milioni in un secolo.
Solo la verità condivisa su come venne unita l’Italia (accadde altrettanto, negli stessi anni, in altri Paesi) può rimettere insieme i cocci nazionali, persino insozzati dal razzismo della Lega Nord. Prima accetteremo le cose come furono e come ancora sono, prima ci accetteremo come siamo. E potremo ripartire, insieme; aggiustare il Paese.

PROGRAMMA 

29 MARZO
ore 18,30 - 20,30


Saluti
Dott. Al fio Vincenzo Russo
Sindaco di Za fferana Etnea
Antonino Leone
Presidente Kiwanis Club Za fferana Etnea

Relatori
Prof. Gennaro De Crescenzo
L’industria nel Regno delle due Sicilie
(perché il Sud aveva più addetti che il resto d’Italia)

Marco Esposito - Giornalista
Come il Sud viene lasciato indietro a norma di legge

30 MARZO
ore 9,00 - 11,00

Relatori
Prof. Giuseppe Fioravanti
Alfabetizzazione ed educazione femminile
sotto i Borbone

Dora Liguori - Scrittrice
Quell’amara Unità d’Italia


ore 18,30 - 20,30
Relatori
Lorenzo Del Boca – Giornalista
150 anni di bugie, a partire dal Risorgimento

Lino Patruno - Giornalista
Ricomincio da Sud: dalla verità all’azione

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153° Anniversario della eroica difesa della Real Cittadella di Messina

MESSINA - Ogni anno suscita sempre più consensi ed interesse la manifestazione che ricorda l'eroismo di quei dimenticati soldati duosiciliani che, negli spalti della Real Cittadella di Messina, difesero per nove lunghi mesi l'onore di un regno e di una popolo, che verrà successivamente ampiamente denigrato e vilipeso. Un evento che ogni anno "accende i riflettori" sulle vergognose condizioni in cui versa la Real Cittadella, un monumento che andrebbe valorizzato e tutelato ed invece ancora oggi discarica a cielo aperto dell'intera Città. Una manifestazione nata quasi vent'anni fa da un gruppo di messinesi orgogliosi del proprio passato ma che ormai da diversi anni vede la partecipazione numerosa da tutto il Meridione e non solo. Un evento organizzato in sinergia da ben sedici movimenti ed associazioni che ogni anno fanno fronte comune per denunciare lo stato di vergognoso degrado in cui versa la nostra Real Cittadella.
Quindi, l'Associazione Amici del Museo di Messina, l'Istituto Italiano dei Castelli - Delegazione di Messina, il Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio - Delegazione di Sicilia, il Touring Club Italiano - Sede di Messina, ZDA - Zona Falcata, l'Editoriale il Giglio di Napoli, l'Associazione Nazionale Ex Allievi Nunziatella, l'Istituto di Ricerca Storica delle Due Sicilie di Napoli, l'Associazione Culturale Neoborbonica - Delegazione di Messina, l'Associazione Culturale "Cap. G. De Mollot" di Capua, il Parlamento delle Due Sicilie - Parlamento del Sud, le Associazioni delle Due Sicilie, l'Associazione Culturale Neoborbonici Attivisti e i Comitati delle Due Sicilie invitano la cittadinanza tutta a partecipare al variegato programma che vedrà:

Sabato 15 Marzo alle ore 16.30 l'omaggio floreale al monumento di Ferdinando II di Borbone delle Due Sicilie;
alle ore 17.30 nel Salone delle Bandiere di Palazzo Zanca, tavola rotonda su: "La Real Cittadella di Messina: passato e prospettive di recupero e valorizzazione".
Domenica 16 Marzo alle ore 9.30 presso la Chiesa di Santa Caterina V. e M., Santa Messa in suffragio dei Caduti, presieduta da Mons. Mario Di Pietro,
alle ore 11.00 presso il Bastione S. Stefano della Real Cittadella, commemorazione e deposizione corone.


Dott. Franz Riccobono
ASSOCIAZIONE AMICI DEL MUSEO DI MESSINA
Via Ghibellina n. 39 - 98121, Messina

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